Vi ho già detto, vero, che uno dei motivi per cui non suono più è perché c’è così tanta bella musica in giro da ascoltare che aggiungere la propria che invece è così così non ha alcun senso? E non mi riferisco solo alle cose nuove di gruppi di oggi, ma a tutto lo scibile sonoro che grazie a Internet abbiamo a disposizione e che ci consentirebbe di vivere almeno mille vite con un sottofondo audio costante senza mai ascoltare due volte la stessa canzone ripetuta.
Da qui, anche fare le classifiche di fine anno è una consuetudine ormai superata. Se metto insieme venti dei millemila siti di recensioni al cui feed sono registrato dovrei confrontare centinaia di dischi usciti quest’anno, ma chi ce l’ha il tempo per farlo? Purtroppo non mi pagano per questo, anche se sarebbe bello. Quindi anche io, come si usa in giro, senza nessun ordine di importanza, di ascolto o di bellezza, ho raccolto qui alcune delle cose più interessanti uscite nel 2015, con l’augurio che l’anno prossimo sia ancora meglio.
Intanto gli Algiers, che sono stati una delle sorprese più piacevoli dell’anno. Un mix di post punk, no wave e soul/black come non si era mai visto prima. Il disco è uscito per la Matador, tant’è che hanno aperto anche alcuni dei concerti degli Interpol. Se non li avete mai sentiti, dubito ma non si sa mai, correte subito che non c’è così tanto tempo. Speriamo si confermino con un nuovo lavoro il prima possibile.
Quest’anno ha visto anche un piacevole ritorno, quello dei Blur con The Magic Whip che non so voi, ma sarà che devono essere maturati di brutto e – la butto lì – mi piacciono ancora di più dei tempi d’oro. Dicono che Damon Albarn si sia divertito a rimettere insieme la band, speriamo allora perché c’è bisogno.
Ma è uscito anche un nuovo bellissimo album di una delle mie band preferite tra quelle in attività, che sono i The Foals, che peraltro a fine gennaio saranno in concerto a Milano, ho già i biglietti da almeno un mese. Un disco davvero di ottima qualità in perfetto stile Foals. What went down è forse tra tutti questi quello che ho amato di più, ma sono molto di parte.
Ne hanno parlato tutti e c’è stato molto hype sul monumentale The Epic di Kamasi Washington, e già il fatto che un disco anche con una certa complessità di jazz sia stato così chiacchierato è un fatto che non si vedeva forse dai tempi di Tutu. Da ascoltare e interpretare a piacimento.
Anche se devo dire che mi trovo più sul timbro trombettistico di Christian Scott Atunde che ha pubblicato secondo me il miglior disco di jazz dell’anno che è Stretch Music, sarà che davvero, come si dice di lui, unisce il jazz a un approccio hip hop ma con il nervosismo di un certo rock che piace a noi, e lasciate perdere che nel video qui sotto indossa la maglietta di Unknown Pleasures, visto che di questi tempi si vede anche nelle foto dei gruppi per ragazzini.
Sempre più o meno da queste latitudini musicali, ma da ben altre longitudini, c’è questo interessante gruppo di electro-fusion 2.0 che viene da una delle terre più sorprendenti dell’Europa, e non solo perché sembra ci sia pieno di aspiranti martiri dell’ISIS. I belgi Stuff, con il loro album omonimo, hanno per la prima volta scardinato i paradigmi del jazz elettrico. Se non ci credete sentite qui.
Ma torniamo a sonorità a me più congeniali. Sono del Texas ma vivono a New York e suonano un insieme tra Velvet Underground, Neil Young e post punk. Quest’anno dei Parquet Courts è uscito un disco secondo me inascoltabile che l’EP Monastic Living, che è stato però preceduto da questo gioiello di no wave in salsa country rock che è Content Nausea. Quello che segue è il pezzo più rappresentativo del disco.
Piuttosto interessante anche il disco Arms Around a Vision dei Girls Names, new-new-wave dall’Irlanda del Nord. Il video è una summa di editing retro.
Per ovvi motivi siamo molto affezionati ai New Order malgrado le loro vicissitudini e quella crescente voglia di alcuni di loro o ex di rifare i Joy Division, che insomma, anche i New Order hanno una loro identità ben lontana da quella di Ian Curtis. Quest’anno è uscito Music Complete che è un disco dei New Order che suonano musica dei New Order come non si sentiva da decenni. A parte un paio, forse tre, canzoni che boh, nell’insieme piena sufficienza, anzi direi un bel sette meritato.
Dei The National e dei progetti separati dei membri della band più importante del momento (insieme a Tv on The Radio, non mi stancherà mai di ripeterlo, e infatti quel che sto per dire vale anche per loro) si compra tutto a priori. El Vy è un duo composto da Matt Berninger e Brent Knopf dei Menomena. Tutto sommato un disco dignitoso, niente di eccezionale ma lo sapete, a proposito dei The National non riesco a essere lucido.
Chiudiamo con un pezzo che è uscito da poco e che anticipa quello che potrebbe essere una delle cose migliori del prossimo anno. Vi ricordate quanto abbiamo amato Silence Yourself delle Savages qualche anno fa? Bene, il singolo che precede il nuovo album in uscito a gennaio è superlativo e di buon auspicio. Buon ascolto.
PS: vi consiglio anche Water Dreams di Robin Bacior, Are you alone degli Majical Cloudz, A Paradise di Gwilym Gold e Have You In My Wilderness di Julia Holter. Se risultano tra le cose più ascoltate nel 2015 sul mio Spotify ci sarà pur un perché.