Internazionale, “Come riconoscersi in un’altra voce”: Sembra che neanche gli altri riconoscano questa voce modificata dal testosterone. Il telefono ha smesso di essere un fedele emissario ed è diventato una traditore. Quando la chiamo, mia madre risponde: “Chi è? Chi parla?”
Gli Stati Generali, “Perché siamo così mediocri e sciatti nel parlare la nostra lingua?“: Gli italiani sono sempre stati dei lettori deboli. E il processo di distacco dal libro continua non solo tra gli adolescenti di cui si parlava prima. Un’inchiesta dell’Associazione italiana editori (Aie) ha registrato nel 2014 l’uscita dal mondo della lettura di ben 820.000 lettori. Il dato si sovrappone a quanto avvenuto nel 2013, quando coloro che hanno dichiarato di aver letto almeno un libro all’anno sono stati appena il 43% della popolazione. Né vengono notizie più incoraggianti dagli e-book e dai libri, non certo di complessa partitura linguistica, che sono ai vertici delle classifiche di vendita. Al riguardo, una recente indagine Kobo rivela che la stragrande maggioranza dei lettori non arriva alla fine dell’opera: si ferma prima. Quindi, si leggono pochi libri e quei pochi neppure per intero.
Pierluigi Piccini, “Heidegger no global”: Il rapporto tra filosofia e pubblicità è uno dei grandi temi trattati nei Quaderni neri . Sarebbe però sbagliato mettere l’accento solo sulla critica all’informazione; ne verrebbe fuori l’immagine di un filosofo retrivo e provinciale. Al contrario, Heidegger è il primo filosofo ad aver riconosciuto l’esigenza della pubblicità, e ad aver tentato di trovare un posto stabile nell’ininterrotta attualità delle news. È insomma il primo filosofo a considerare la globalizzazione attraverso il prisma dei media. L’informazione planetaria — scrive — è ciò che oggi è più «degno di essere pensato». Perciò delinea una fenomenologia del giornalista in cui vede il «moderno storico», il «letterato» della pubblicità, che attraverso il «culto organizzato del semplice», ha la forza di far passare per «reale» quel che rende pubblico. Di fronte al giornalista, nelle cui mani è affidata la democrazia, il filosofo non avrebbe più nulla da dire.
Manginobrioches, “L’orcaferone e il Ponte sullo Stretto spiegati a Matteo Renzi”: Sai di cosa odora l’orcaferone? Di acquedotti bucati, di colline franose, di argini cementati. Di serbatoi inservibili, di spiagge requisite, di rifiuti abbandonati. Di chilometri di guardrail che recintano lo Stretto. Di cassonetti stracolmi, di sacco del territorio. Di un binario triste e solitario, unico, che consente di arrivare da qui a Marsala in sole nove ore (cambiando tre volte), o a Ragusa in sette ore (ma devi prendere pure un autobus). Sempre che non frani nulla, lungo il percorso (sai, qui i cavalcavia, le strade, le condotte hanno una malattia strana: si chiama materiale impoverito, o anche controlli fasulli. E’ mortale, di solito).
Valigia Blu, “Contro lo storytelling”: Lo storytelling come motore di cambiamento e manipolazione del consenso è un tentativo di escludere scientificamente la noia dal discorso politico e pubblico. È un modo per assumere che il pubblico possa recepire solo ciò che ne stimola la fantasia, l’immaginazione, l’emotività, gli istinti, la memoria, e che non ci sia nulla di nocivo (o almeno, che i benefici superino i danni) nell’accettare quell’assunto.
Un pensiero su “alcuni aneddoti dal futuro degli altri | 08.11.15”