C’è una branca della filosofia che è l’epicureismo estremo, non so se lo conoscete ma fanno anche i campionati mondiali, che consiste proprio in questo. Assicurarsi che i momenti si susseguano con la regolarità che è propria dello scandire del tempo senza viverli considerando che hanno una durata talmente impercettibile che c’è già quello successivo che lascia il posto a quello dopo e così via, come vi ho anticipato nel titolo. C’è invece l’epicureismo acrobatico che è una disciplina simile ma rivale un po’ come accade tra rugby e football americano o tra tennis e badminton. Vi starete chiedendo come faccio a saperne così tanto di epicureismo acrobatico. Modestamente sono stato azzurro e certe soddisfazioni me le sono tolte. Ora permettetemi di organizzare il post sull’epicureismo acrobatico come gli esperti di social media ci insegnano a scrivere sui blog a regola d’arte.
Ma che cosa è l’epicureismo acrobatico?
L’epicureismo acrobatico consiste nell’individuare un punto elevatissimo con una sua dimensione temporale a cui anelare e raggiungerlo, un po’ come fanno certi skaters quando fanno la spola tra un lato e l’altro di una piscina, ruotano la tavola a rotelle e scendono di nuovo giù a rotta di collo. C’è un momento che non desideriamo altro che arrivi e, appena giunto, ma anche prima, quando sei in prossimità, se già lì che ti volti indietro e fai le acrobazie mentre lo osservi svanire come quando sei sul Frecciarossa e vedi qualcosa che ti piace nella campagna del Lazio, perché in quella tra Milano e Bologna raramente si notano delle bellezze, a parte gli archi di Calatrava a Reggio Emilia.
In quanti si gioca a epicureismo acrobatico?
Sempre da soli perché a noi azzurri o ex campioni di epicureismo acrobatico non ci piace condividere la velata mestizia delle cose che succedono troppo in fretta e non ce le possiamo godere appieno senza nessuno, ché tanto nessuno capirebbe.
Posso diventare anche io un epicureo acrobatico?
Se ci tieni tanto. Prova a fare come ho fatto io ieri. Mi ero gasato che non vi potete immaginare quanto (mi era pure salita la pressione, non riuscivo nemmeno a leggere il libro al ritorno dall’ufficio tanto la cosa mi aveva preso) per aver rintracciato il proprietario di un Huawei smarrito sul treno (ne hanno parlato tutti i giornali, comunque una sintesi la trovate qui) che mi ero pure emozionato pensando al momento della riconsegna, il punto elevatissimo in cui tentare un record di epicureismo acrobatico. Si è presentata la mamma della studentessa che lo aveva perso mentre il papà non è nemmeno sceso dalla macchina, e non vi dico che macchina. Ma non si può mai sapere perché poteva benissimo trattarsi di una famiglia di cassintegrati per i quali dover acquistare un nuovo smartphone alla figlia può costituire un problema. Le cose rinvenute si restituiscono a prescindere. Poi però è successo che il momento della riconsegna è durato ancora meno della media di quei momenti che ci sogniamo eterni. Nemmeno una bottiglia di vino o una scatola di cioccolatini o un mazzo di fiori in segno di ringraziamento, non che lo volessi eh. Nemmeno una stretta di mano. Greta piangeva, mi ha detto la mamma, e io che sono un papà sono stato contento lo stesso perché aver asciugato le lacrime di Greta con un atto di bontà è stata la migliore ricompensa. In realtà volevo solo parlare con loro dell’episodio per dilatare un po’ quel momento e tentare un’acrobazia mai vista, e invece niente. Dare i dettagli sulle dinamiche del ritrovamento. Quel messaggio di “odio tutti” scritto sulla cover che per un attimo mi aveva convinto a ricambiare il sentimento non restituendolo. Invece nulla di tutto questo. Nemmeno il tempo di pensare che quel momento si stava esaurendo in una brevità mai vista che era già finito. La portiera del macchinone chiusa con il caratteristico botto di lamiera hi-tech e milioni di lire in optional, io sui miei passi a rincasare nel buio di una gara notturna di epicureismo acrobatico, persa in malo modo.
Non so, io non reggerei allo stress; mi dedicherei semmai ad un epicureismo meno epico, meno funambolico, più da passeggio, per dire. Un ipocureismo, ecco.