Oggi è il ventisette, e visto che la rete è un’incommensurabile macchina spammatrice di tributi e ricordi di anniversari di ogni cosa, nascite morti miracoli eventi pubblicazioni per non parlare di compleanni e ricorrenze personali, anche se è domenica quindi il giorno festivo per eccellenza permettetemi un encomio nei confronti dell’unico vero motivo per cui sopportiamo decenni di misere routine, portiamo a termine attività svilenti, ci prestiamo a conversazioni surreali, lasciamo che gente che non vale nemmeno lo sporco delle nostre unghie dei piedi emetta valutazioni sul nostro operato, ci nutriamo cinque giorni la settimana con cibi discutibili in bar tutt’altro che convenienti e con l’attenzione rivolta verso maxi schermi tv al plasma sintonizzati sulle reti Mediaset, diciamo sempre di sì anche se non lo pensiamo, sorridiamo a interlocutori anche se vorremmo far pesare loro la nostra superiorità intellettuale se non spaccagli la faccia con una testata, regaliamo il meglio dei nostri anni per la riuscita di progetti a persone di cui non ci frega una mazza, spremiamo il nostro estro fino al midollo affinché altri facciano una bella figura fino a quando poi della nostra essenza non rimane più niente quando ci troveremo membra rinsecchite e menti lobotomizzate con un qualcosa in mano che attesterà la fine del nostro servizio, pur non sapendo oggi quando e in che termini ciò avverrà. L’unico vero giorno in cui tutto questo acquista un senso e di cui non ne potremmo più fare a meno in questo crudele meccanismo in cui siamo in miliardi, ciascuno con le proprie mansioni e il proprio valore aggiunto, a decretare il successo di responsabili, capiufficio, manager, amministratori delegati, imprenditori, il momento in cui il nostro conto corrente si gonfia all’improvviso del gettito di denaro che attesta che, anche per i prossimi trenta giorni, riusciremo a mantenere noi stessi e la nostra famiglia. Non mi è mai capitato di leggere elogi dello stipendio in giro perché a tutti noi ci schifa in eguale misura trattare di vil denaro e ammettere che anche se siamo gli artisti più distaccati dalla realtà c’è sempre quel momento che ci ancora alla materia, alla carnalità, alle bollette e alla rata degli elettrodomestici. Il ventisette del mese, per altri il trenta o il trentuno, noi lavoratori dipendenti consumiamo un rito di sommesso ringraziamento per l’economia e il lavoro che tutto sommato funzionano sempre con la stessa regolarità. Così io a questo sistema periodico che non finirà mai di stupirmi e grazie al quale posso pagare il corso di teatro a mia figlia, comprarmi una nuova giacca blu (all’Oviesse, che cosa credete), mettere il gpl nella mia macchina del 2007 e stipare nel frigo tutti i generi alimentari che mi consentono di superare l’insorgenza della fame quotidiana ho deciso di dedicare una giornata di riflessioni che lo so, taglia fuori una buona fetta di lettori che non si riconoscono in questa categoria perché lavorano per conto proprio o invece purtroppo non lavorano proprio, o quelli che stanno dall’altra parte della barricata e hanno seguito la vocazione del rischio d’impresa con i suoi alti e bassi. Io sono orgogliosamente dipendente e seguace numero uno dello stipendio che mi paga anche tutto il necessario affinché io possa celebrarlo qui, e anzi ora vado su Facebook ad aprire una pagina a lui dedicata e voglio vedere a quanti fan riesco a arrivare.
Il giorno dello stipendio è, per noi tre, una figura mitologica che si materializza ora con 10, ora con 20 o con soli sette otto giorni di ritardo, nei casi migliori, sulla data teorica che dovrebbe essere, non ne ho certezza, entro il 5 del mese. Suppongo che il cuore della questione sia l’interpretazione l’entro
M’è partito: dita troppo grandi per il telefono. Dicevo dell’interpretazione di “entro il 5” come “mai prima del”. Insomma, non è un problema di cattiva volontà quanto di malinteso sul significato di una locuzione.
lo, anche io ci sono passato. Ed è proprio per questo che noi stipendiati regolari dovremmo elogiare lo stipendio sempre, ogni giorno, proprio nel rispetto di quelli che lo prendono in ritardo o non lo prendono affatto.
Elogio dello stipendio! Inseguito per anni, quando era solo “compenso”. Per lui ho rinunciato a libertà per guadagnarne altre ora irrinunciabili. A lui dedico ogni mio viaggio in treno da pendolare.
dovrebbero dedicargli una piazza in ogni città
concordo su tutta la linea e sulla necessità di elogiare, anche più spesso di una volta al mese, lo stipendio. anche perché è quello che ci permette di usare il tempo libero per tutte quelle cose extralavorative – sceme, creative, geniali, inette – che fanno veramente la nostra vita.
parole sante