Al funerale del papà di Ale c’era qualcosa che non mi tornava ma che né durante la cerimonia né nei mesi successivi in cui ho avuto tempo per rifletterci sono riuscito a mettere a fuoco. La messa e la processione verso il cimitero sono funzioni standard, in questi casi, e vuoi l’emozione o l’eccezionalità dell’evento non è che uno riesce a trovare l’occasione per soffermarsi sui dettagli. I gradi di parentela direttamente proporzionali alla posizione dei banchi in chiesa, questo è un classico del mettersi in mostra ma ci sono passato anch’io recentemente ed è giusto così. Le corone di fiori, anche quelle. Insomma, tutto apparentemente sembrava filare liscio, con la vedova e Ale e le sue due sorelle con gli occhi gonfi. Anche il papà di Ale è morto a più di ottant’anni e di Alzheimer, tutti sono arrivati preparati all’appuntamento con il lutto. Ieri poi ho capito. L’illuminazione. A un mio amico è mancato il nonno, ha condiviso la sua esperienza su Facebook e ha raccolto, come è facile immaginare, un vasto consenso e la solidarietà della sua rete di contatti. Ho pensato che se ogni intenzione divenisse atto (qui c’entra Aristotele, a grandi linee) secondo l’esempio che vi ho citato i funerali diventerebbero eventi gremiti di amici e conoscenti o anche solo persone con cui si hanno rapporti online. Ecco, invece al funerale del papà di Ale non c’era nemmeno un amico di Ale. C’ero io ma è stato un caso, mi trovavo nella mia città natale e mi ha fatto piacere offrirgli il mio cordoglio attraverso la mia presenza, onestamente non so se mi sarei sparato duecento chilometri ma forse sì, almeno in questo momento credo che lo avrei fatto ugualmente ma perché voglio fare una bella figura con voi scrivendo questo post. Per il resto, ripeto, non c’era nessun altro. Erano presenti pure – pensate un po’ – due ex compagni di classe della sorella più grande, irriconoscibili perché ormai vicini ai sessanta, con i capelli grigi e radi ma comunque lunghi. Entrambi imbolsiti e loro stessi stupiti di essere vicini ancora a un essere umano dopo così tanto tempo. Ale invece, molto più giovane e molto attivo sui social network, era solo come un cane. Eppure aveva pubblicato una bella foto di suo papà da giovane proprio per rimarcare la somiglianza fisica e il legame che li contraddistingueva, ne era seguita una valanga di like e di abbracci virtuali ma, come sembra, senza nessuna corrispondenza al lato pratico. Non so se qualcuno abbia contattato Ale privatamente per sottoporgli le proprie condoglianze e per avere dettagli sulla cerimonia funebre. Io, ripeto, ero a conoscenza del giorno e dell’ora perché ero sul posto e se non ricordo male ho letto pure il manifesto funebre per strada. Ne danno il triste annuncio la moglie Vera, i figli Elisabetta, Magda e Alessio, c’era scritto. Alessio è Ale, appunto, il mio amico.
Osservazione non da poco.