Ci stiamo scatenando a ballare Too Shy dei Kajagoogoo, pensate come siamo ridotti, ma in coda al pezzo io mi devo fermare perché non tengo più il ritmo, troppa fatica alla mia età, in più ho una vescica sopra il tallone e non voglio sembrare più dinoccolato camminando di quanto non lo sia già. Dj Pignatta (si chiama Giuseppe da cui il diminutivo Pino da cui il nome d’arte Pignatta e non biasimatelo, si fa chiamare così dal 1982) lo ha lasciato sfumare sino alla coda per partire poi in ritardo con un pezzaccio techno primi anni 90. L’amico Vito resta in pista, la malattia che gli sta erodendo la lucidità gli ha anche piallato quel rigore che, almeno fino ai sessanta e rotti, lo induceva ad additare con sdegno il selezionatore musicale del caso come un venduto alla linea dell’accostamento acritico tra stili a vantaggio del facile successo sul pubblico danzante. Che, papale papale, significa anni ottanta di un certo tipo con anni ottanta di un certo tipo, anni novanta con anni novanta eccetera. Non è che solo perché sono cose passate hanno meno dignità artistica e si può fare un minestrone. Anzi.
Il signor Vito, come lo chiama la sua badante dell’est che gli sta appresso nemmeno fosse la moglie che non ha mai avuto, probabilmente oggi crede di essere nel club in cui trascorreva le domeniche pomeriggio a sedici anni e si dava da fare con quelle ragazzine che si agghindavano con i nastrini sulla fronte, le più sfrontate avvolte dai maxi-pull stretti in vita, e ballava loro intorno in una sorta di danza propiziatoria all’accoppiamento. Che poi, diciamocelo, a studiare un po’ si scopre che ci si muove a ritmo o per accattivarsi i favori di una divinità oppure per preparare il terreno all’atto riproduttivo. Ricordo la storia romana ma anche certi documentari sugli animali. Alessia, la badante dell’est, allora lo va a prendere in pista perché Vito sembra fin troppo esagitato nelle movenze ma mi verrebbe da fermarla per dirle che non è vero, sessant’anni fa si ballava proprio così e se Vito sta prendendo il volo verso una realtà che non possiamo capire probabilmente si sta ricongiungendo con un se stesso che non esiste più se non nella sua testa.
Ma preferisco non intromettermi, sono già abbastanza severo esprimendo – pur non interpellato – lo sdegno di dover accettare il modo in cui le iniziative per la terza età siano organizzate in un posto come il nostro, quando vorrei raccontare quello che avevo visto a Berlino tanti anni fa, come ci si prendeva cura per i vecchi all’estero. Ma non interessa a nessuno. La rassegnazione di impegnarsi ad accettare un surrogato di divertimento fa parte del nostro status di cittadini di serie B in mano al partito dei giovani, soprattutto ora che è stata vietata Internet agli over 65 e che, amara ricompensa, ci sono stati lasciati solo gli scarti e tutta la fuffa del secolo in cui siamo nati, compresi i Kajagoogoo e Too shy hush, hush, eye to eye che mi risuona ancora nella testa, a tempo con il battito che sento pulsare nelle scarpe strette. Mi affretto a terminare l’analcolico bio ormai a temperatura ambiente e mi avvio verso la casa di riposo forzato, per non perdere le notizie della sera alla tv.
Non sei a Ibiza.
Uh… surrogato di divertimento direi che è la definizione perfetta. Tra il resto hai evocato una canzone che non sento da un pezzo anche se me la ricordo benissimo, naturalmente.
e mai ci sarò. Ma nemmeno a Formentera, eh.
non hai idea di quanto l’ho ballata, miss
Pure io!