Sono riuscito a persuadere il signor Vitangelo, che ha un nome che sembra uscito da uno o nessuno dei centomila romanzi di Pirandello, che tutto sommato è una bella botta di culo sentirsi male a un paio di isolati dal pronto soccorso del Fatebenefratelli, anche se onestamente non è detto. Ci sono le ambulanze di turno e magari quella in servizio in questo momento si trova imbottigliata in circonvallazione per cui, se non fosse contrario a ogni regola della prima assistenza fai-da-te, sarebbe più efficace caricarmelo sulle spalle. Il signor Vitangelo, che magari gli amici poi lo chiamano davvero Gengè, ha iniziato a lamentare un formicolio al braccio destro mentre si trovava sul passante ferroviario, così è sceso alla stazione di Porta Garibaldi per mettersi nelle mani dell’efficientissima sanità lombarda. Ma a pochi passi dall’ingresso dell’ospedale ha deciso di accasciarsi perché non ce la faceva più, il dolore era passato alla spalla e si stava pericolosamente avvicinando al petto.
Io ho l’abitudine di fermarmi quando vedo qualcuno in affanno per il caldo, e il caso ha voluto che anch’io mi stessi recando in cerca di cure. Mi fa un po’ schifo dirlo, ma mi sono trovato una zecca con la testa conficcata nell’avambraccio, così mi sono precipitato anch’io al pronto soccorso. A volte certi boschi dell’entroterra ligure possono essere fatali, da questo punto di vista. Nessuno li cura più, i cinghiali la fanno da padroni e se provi a goderti il fresco delle frasche in qualche radura che magari fa pure da letto per i suini selvatici ecco che zacchete che le zecche ci azzeccano. Chiaro che al signor Vitangelo verrà attribuito un codice di maggior gravità: un infartuato balza immediatamente al primo posto di ogni classifica.
Mentre attendo rinforzi, il signor Vitangelo si lamenta un po’ della sua condizione solitaria. Dice che non si spiega come le persone possono girare l’interruttore e di colpo non volerne più sapere nulla di altri con cui, fino a qualche secondo prima, hanno condiviso praticamente tutto. Il signor Vitangelo sostiene che ci sono addirittura quelli che lo annunciano al pubblico nemmeno fossero dei presentatori della TV. Questo mi ricorda certe dinamiche sui social network, gente che non si è mai vista in faccia che di botto scrive con un tweet o su Facebook che tizio o caio è una brutta persona.
Finalmente arrivano un paio di infermieri con una barella, caricano il signor Vitangelo e lo portano di corsa via. Io non ho fretta, sta di fatto che avere un parassita sul braccio (le zecche sono parassiti?) non è una bella sensazione. Incredibilmente mi fanno visitare subito. Non c’è niente di peggio di una zecca avvistata a Milano. Mi chiedono in quale parco la ho presa per avvertire subito chi di competenza e avviare una campagna di disinfestazione. Quando rivelo l’origine di quell’essere ripugnante, al di fuori della competenza di Maroni, il dottore tira un sospiro di sollievo. E manco a farlo apposta, appena tolgo la camicia della zecca non c’è più traccia. Solo un puntino rosso che mi assicurano non essere affatto rischioso.
Quindi mi appresto a uscire e incontro di nuovo il signor Vitangelo. Appena ha messo al corrente i medici dei sintomi del suo infarto, il formicolio al braccio destro, sembra che questi si siano fatti una bella risata e gli abbiano ricordato che, in caso di infarto, il dolore si avverte al braccio sinistro. Il signor Vitangelo mi confida che, avuta la rivelazione, all’istante tutto gli è passato come per incantesimo. Mi dice che ha imparato la lezione e che deve sforzarsi a dormire sulla schiena. Stare sul fianco può comportare non pochi fastidi muscolari.
Che strana abotudine hai: Soccorrere gente per strada è poco patriottica come modalità. Comunque il sig. Vitangelo è stato fortunato a trovare te. Anche io tempo fa mi sono trovata una zecca conficcata in una gamba e, stranamente, non l’ho nemmeno presa su un treno. Fa una certa impressione
io me ne sono accorto, sul treno. Potrei anche averla presa lì, ma non ci voglio pensare.
Ecco, non pensiamoci…