amore chiamami

Standard

Non me la sono mai presa per il fatto che Debbie Harry abbia registrato le sue parole di passione per me in una hit mondiale come “Call Me” rendendole peraltro comprensibili a tutti gli ascoltatori e soprattutto creando equivoci tra i fan. Cari sostenitori dei Blondie, sappiate che quella frase in italiano nel cambio della canzone è diretta al sottoscritto sin dai tempi della prima incisione, quindi potete tranquillamente dopo trentacinque anni mettere a riposo gli ormoni perché non c’è storia. Poi ieri avrete letto tutti che è stato il compleanno di una delle mie prime fidanzate, Debbie Harry appunto, che saluto da qui e che si merita tutto il mio affetto perché comunque rimane sempre una delle donne più belle mai viste sulla faccia della terra dalla scoperta del fuoco. Lei ed io ci siamo amati anche per il fatto che era la cantante di un gruppo che incarnava l’essenza della new wave americana di quel periodo lì. Poi c’era tutta la componente fashion, il fatto di Playboy, la colonna sonora per Richard Gere e tanti altri piccoli aneddoti che oggi anzi ieri, in occasione del suo settantesimo genetliaco, possiamo lasciarli per un attimo da parte e tornare ai fasti del nostro amore, appunto, quando mi diceva in italiano “amore chiamami” alla radio e a me veniva da prendere la cornetta, fare il numero e dirle “ciao Debbie ecco vedi, mi basta sentire la tua voce e chi se ne importa se l’interurbana, anzi, l’intercontinentale costa un botto sulla bolletta della SIP, il nostro amore durerà per sempre”. E infatti dura anche adesso che hai settant’anni e io quasi cinquanta e scopro che nelle più recenti esibizioni tipo questa canti la nostra canzone un paio di toni più bassi, ma come biasimarti, anche Bono fa “Sunday Bloody Sunday” in sol costringendo The Edge a usare una chitarra con un’accordatura ai confini della realtà. Ci sono canzoni dei Blondie che mi fanno saltare, altre che mi fanno venir voglia di quell’atmosfera lì così acerba, mamma mia, c’era un’aria che oramai boh, è tutta consumata dal silicio probabilmente. I primi quattro album poi sono davvero un inno a uno stile che non avrà mai più eguali. Ma Debbie perdonami se non ti faccio gli auguri con “X-Offender” o “In the sun” o i più blasonati “Atomic” e “Heart of glass”, li porto tutti con me ogni giorno pronti a lasciar scaturire la tua voce quando ne ho bisogno. È che a me “Call me” che so che non è nemmeno del tuo gruppo ma che l’hai scritta con quel volpone di Giorgio Moroder mi fa inerpicare qualcosa su dalla pancia ogni volta. Sarà la chitarra, sarà l’assolo di synth verso la coda, sarà sicuramente la tua dedica che hai fatto solo a me e che, ogni volta che si ripete, mi fa sentire lo stesso di allora.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.