La domanda a cui un vero collezionista di vinile non trova risposta non è tanto quale sia il posizionamento più efficace del suo tesoro – ordine alfabetico, per genere, per anno di pubblicazione o per frequenza di ascolto a seconda del momento e del mood – quanto che ne sarà dei dischi dopo la morte. La musica sta appiccicata nei solchi e non chiedetemi quale sia la magia per cui la puntina riesca a diffondere il suono, per non parlare del modo in cui qualcuno è stato in grado di comprimerla tutta lì dentro. Sono certo che si tratti di informazioni facili da trovarsi soprattutto oggi con la rete e con i nerd di queste cose qui che mettono i like a giradischi artigianali da svariate migliaia di euro. Per me resta una sorta di miracolo, un processo soprannaturale divino o demoniaco che cosa conta, l’importante è che anche se si tratta di un motore immobile sia a cinghia e non guasti i vinili con graffi e righe, e non ne voglio sapere di più. E riesco ad ammettere che sia più facile trasformare la musica in informazioni da digitalizzare, mentre è in certe invenzioni del secolo scorso che va individuato il vero ingegno dell’uomo, senza nulla togliere al silicio. Quindi, mistero per mistero, possiamo pensare che questa cosa intangibile che fuoriesce dalle casse quando il braccio si posa su una delle due facciate sia una specie di ectoplasma che va a permeare una dimensione che noi non conosciamo e, lasciatemelo dire, è meglio conoscerla il più tardi possibile. Strofini un disco con una puntina e si diffonde una materia tanto sconosciuta quanto invisibile che, per quanto ne sappiamo, potrebbe essere anche la stessa di angeli e fantasmi. Perché no? Forse è per questo che quando sono lì che scartabello nei negozi di vinile usato o tra i contenitori sulle mie bancarelle preferite penso chi fossero i precedenti proprietari di tutto quel ben di dio, e se in qualche modo risiede tra i solchi dei dischi che hanno posseduto la chiave per tributargli il miglior ricordo da questa parte delle cose. Metti su una canzone e tutte le particelle che si sprigionano ritornano in contatto con l’anima di chi aveva conservato il disco in vita, come le polveri di metallo con la calamita, come i capelli quando ti togli la maglia di lana in una giornata elettrica. Per questo parlare con gli spiriti è possibile e magari, a seconda della canzone, non è detto che non abbiano anche voglia ballare con noi.