Molti di noi non si pongono il problema che l’approccio debba essere paritario sottovalutando una legge naturale che, come per lo sport, vale anche per i flirt. Ci sono gli outsider, può essere una giornata storta, ma nella maggior parte dei casi se sei una squadra scarsa e incontri la capolista perdi, corretto? Invece i luoghi pubblici che incoraggiano l’indole sociale del genere umano e la sottocategoria comportamentale del “provarci” pullulano di involontari tentativi di mancato riconoscimento dell’autorità estetico/contenutistica altrui, generando negli astanti il desiderio di seguire fino in fondo approcci e conversazioni per comprendere fino a dove riesca a spingersi, talvolta, l’ardimento delle persone comuni.
A chi non verrebbe voglia di stroncare sul nascere queste inutili esercitazioni di stile sentimentale e rimettere le cose a posto? Ciascuno con un avversario della sua categoria, al massimo si può definire una forbice di scarto, e questo vale sia per l’oggettiva avvenenza di chi si cimenta nell’abbordaggio che per l’effettiva capacità di condurre confronti sugli argomenti scelti al momento dell’azione. Chiaro che nel primo caso, per chi lancia la sfida, è palese l’eventuale gap prestazionale, ma spesso non ci rendiamo conto dei nostri limiti oppure anni di esposizione mediatica indiscriminata hanno falsato la percezione della realtà distorcendola verso un illusorio senso di onnipotenza.
Al contrario, riguardo il modo in cui pensiamo di colpire l’attenzione di colui/colei che vorremmo diventasse un futuro partner (di corta, media o anche lunga durata) non sempre è facile un pronostico fino a quando l’interlocutore non rilascia una risposta. Gradevoli persone che si esprimono come il peggiore dei portuali o, al contrario, personalità eclettiche nascoste dietro comportamenti ordinari. Cose di cui, senza provarci, non ne verremmo mai a conoscenza. Sta a noi sfruttare ogni spunto “in chiaro” per raggiungere i nostri obiettivi, altrimenti, come spesso accade, si va alla cieca con risultati disarmanti.
Per questo occorre una nuova figura di facilitatore di avance, una sorta di mediatore relazionale che dall’alto della sua approfondita conoscenza maturata in anni di frequentazioni sociali (e assolutamente disinteressato e imparziale) sia in grado di intervenire per evitare match sconvenienti se non impossibili e alleviare le frustrazioni a buoni o poco adeguati partiti di ogni sesso, razza, religione ed estrazione sociale. Un arbitro, ecco, un direttore di gioco che munito di fischietto e cartellini di ammonimento si muova lungo locali di intrattenimento, luoghi di vacanza, mezzi pubblici e quant’altro impedendo lo spreco di tempo ed energie nell’approccio indiscutibilmente fallimentare. Che ciascuno scelga un partner alla sua altezza, per il bene dell’umanità.
il mediatore relazionale potrebbe essere davvero il lavoro del futuro!
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