benvenuti al circolo dei viaggiatori del tempo

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Non è il caso di scomodare precedenti letterari o cinematografici né fare appello a trame di fantascienza perché, da un certo punto di vista, i veri viaggiatori del tempo siamo noi e in carne ed ossa, altro che attori di Hollywood. So bene che a chiunque piacerebbe muoversi come il buon Marty McFly e con la massima disinvoltura cenare con una famiglia etrusca, assistere quindi a un concerto dei Clash con Joe Strummer vivo e vegeto per poi finire la serata quattromila anni nel futuro a fare non si sa bene cosa e qui, lo ammetto, siamo in piena sci-fi che come sapete non è proprio il mio paio di maniche. Pensate invece alle epoche storiche in cui grazie alla vita media del genere cui apparteniamo siamo stati, siamo e saremo in grado di attraversare. Nel nostro caso ammetterete infatti che, da quando spingevamo biglie con le effigie dei ciclisti sulla spiaggia ad oggi, le cose sono cambiate di brutto. E allora siamo o non siamo anche noi, nel nostro piccolo, dei veri viaggiatori del tempo? A me questa è una cosa che quando ne parlo o anche solo a pensarla mi spinge a respirare a pieni polmoni, come quando cerchi di immagazzinare più aria possibile perché quello che ti appresti a fare ti induce a caricarti al massimo, non so se avete presente. Siamo quelli che leggevano in camera dei fratelli maggiori i manifestini con il palinsesto di una radio libera dai contenuti impegnatissimi politicamente ma siamo anche quelli che ci troviamo tra centinaia di sconosciuti a chiamarci per nick e a cercare di collegare l’avatar a un rapporto di amicizia al 100% virtuale per riprodurre dal vivo tutta una serie di relazioni nate e sviluppatesi sul web. Siamo quelli che si spaventavano solo a sentire la colonna sonora di “Dov’è Anna?” con cadenza mono-settimanale ma anche quelli che si incollano davanti alla tv per otto puntate di Fargo viste di fila. Pensavamo che la democrazia fosse in un modo e invece no, ora ci sembrano credibili ben altri parametri. Siamo quelli che venivano accompagnati dai genitori degli amici sulla 800 coupé e quelli che guidano gigantoni neri da sessantamila euro (io no, eh). E siamo anche quelli che avevano una stufa a carbone in cucina per scaldare tutta la casa e che ora sfiorano con un touch screen gli applicativi di controllo in un tourbillon di domotica made in China.

Il punto è che io, quando ci penso, mi meraviglio di essere la stessa persona di allora e di oggi, che ci sia un vettore che in qualche modo sta trasportando la nostra vita lungo una serie di scenari storici in continua evoluzione che ci fanno guardare indietro allibiti tanto che non ci sembra vero di essere gli stessi di quelli là. Ci vediamo nelle foto con quei vestiti fuori moda davanti a insegne di negozi chiusi da tempo, con colori che probabilmente non esistono nemmeno più in natura e non c’è filtro di Instagram in grado di invecchiare così tanto dei ricordi. Ci sono solo poche cose che non mutano. La curiosità, quel modo di storcere il sorriso e la fronte quando si ha il sole negli occhi, la postura per sembrare più statuari di quanto un fisico asimmetrico ce lo permetta, il desiderio di anticipare il domani anche se, è inutile ricordarlo, c’è un rovescio della medaglia che è meglio far finta che riguardi qualcun altro.

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