A volte la vita te la rovinano le compagnie, le conoscenze, le cattive frequentazioni. Altre volte i luoghi in cui nasci, cresci, abiti, lavori. Senza tirare in ballo Hiroshima, o nel nostro piccolo – per modo di dire – Marzabotto, pensate alle persone che vivono in uno di quei posti che tutti collegano immediatamente a qualcosa, e provate a immaginare a quante domande si devono sentir porre nella loro vita. Ieri mattina ho assistito a una specie di terzo grado da parte di un gruppetto di curiosi pendolari a una loro compagna di viaggi quotidiani e solo perché il caso le ha dato i natali a Predappio. Bella sfiga, direte voi. Certo, potrebbe andare peggio, voglio dire ci saranno pure ancora degli abitanti di quel posto nefasto che portano pure lo stesso cognome del mascellone capovolto. Le domande erano le più varie: viene tanta gente in pellegrinaggio, cosa si prova ad avere il marchio di quel paese sulla carta d’identità, conosci dei parenti eccetera. Ma senza andare su un caso limite come quello, di posti celeberrimi nel bene e nel male ce ne sono centinaia. Pensavo a chi vive a Fiuggi, so di persone che ne hanno conosciuti in vacanza e gli hanno chiesto che acqua bevono. O a Maranello e nelle altre cittadine note per l’azienda che ha dato lavoro al territorio, come Alba o Cinzano. Pensate a Scandicci e Cogne, altro che reputazione del nome. O ai casi di Zocca e Sasso Marconi, che se si chiama così un motivo ce l’avrà. L’elenco è lungo e anzi, vi invito come sempre a dire la vostra nei commenti, per esempio so che è una fortuna venire da Felino (eh già, i salami si chiamano così non certo perché fatti con carne di gatto) o da Gorgonzola, e se lo dite in giro potete stare certi che qualcuno che vi chiede una dritta o addirittura qualche consegna dai luoghi natii prima o poi lo trovate. Pensate come dev’essere abitare a Vinci, a Recco, a Barolo. O a Novi Ligure che in Liguria non c’è nemmeno.
Per questo, da queste pagine, nasce una nuova iniziativa dedicata all’orgoglio di chi sta nell’ombra ed è nato in un posto di merda, sconosciuto alle masse e che chi abita distante (o semplicemente è una capra in geografia) non sa collocare sulla carta politica, tantomeno quella muta. Un nome di quelli che non ricordano niente, che gli altri quando lo fai si guardano con quella faccia come a chiedersi “e dove minchia è”. Un luogo anonimo come Savona, dove al massimo qualche tempo fa qualcuno ti diceva di averci fatto il militare. Nemmeno Sandro Pertini e Fabio Fazio li collocheresti lì, tanto la schifano tutti. Me compreso, eh. Ma il bello di una cittadina così è che nessuno la accosta a celebrità, luoghi comuni, meraviglie del mondo, catastrofi naturali, episodi di corruzione (anche se qui vi sbagliate, ma tanto ormai nessuno se ne ricorda più delle prime avvisaglie di tangentopoli), maxi-processi, efferati delitti, stragi naziste, vini da miliardari, creme al cioccolato che ci invidia il mondo, particolarità architettoniche e circuiti di Formula Uno. Savona non ha niente di tutto ciò. Si nasce, si cresce e si muore, in mezzo si va a cercare lavoro da un’altra parte, ma quando in treno dici da dove vieni al massimo ti chiedono del mare e puoi rispondere che sì, in effetti c’è, ma fare il bagno con i mercantili che ti passano sotto il naso e le ciminiere della Tirreno Power sullo sfondo non è proprio il massimo della vita.
Ecco, io Savona non la conosco tanto bene e da sempre penso che dovrei rimediare.
Allora, io sono di Rieti. La provincia più sconosciuta del Lazio, tant’è che più di una volta ho risolto dicendo che venivo da “vicino Roma”, ma in realtà sono 100 km e ti assicuro che con l’unico autobus che collega la provincia con la capitale (niente treno) si sentono tutti.
Vorrebbe essere celebre per essere il Centro d’Italia, ma è conosciuta solo in ristrette nicchie di pellegrini (San Francesco ci ha fondato non meno di 4 santuari) e di sportivi (qualche record mondiale di atletica). Negli ultimi è balzata alle cronache per sporadici eventi degni di nota, come l’ex presidente della regione che usa l’elicottero per non mancare a una fiera del peperoncino che non ha, fra l’altro, ragion d’essere, o suore incinte. La sigla della provincia è RI, anche se tutti pensano corrisponda a Rimini.
Trani non può rientrare nel novero perché ci sarà pur qualcuno che conosce l’esistenza della cattedrale romanica – soprattutto se di nazionalità tedesca… ne hanno una tale consapevolezza che a volte ho il sospetto l’abbiano eretta loro!
Canicattì, sembra avere l’appeal di una città nordica ed è sprofondata nella remota Sicilia, oppure Palazzo San Gervasio o Pietramontecorvino e Troja – quest’ultima non è una brutta parola, eh! E di Muro Lucano ne vogliamo parlare? 🙂
San Donato Milanese dovrebbe essere famosa, ma per fortuna non lo è. (Cioè, lo è se qualcuno ci è finito per lavoro, non certo per turismo.)
Dice Wikipedia:
“San Donato ebbe anche un ruolo storico subito dopo le cinque giornate di Milano (18-22 marzo 1848), poiché sempre a Cascina Roma avvenne la firma dell’armistizio tra gli austriaci ed i piemontesi, armistizio che decretò la fine della Prima Guerra d’Indipendenza.”
E io, modestamente, a Cascina Roma ci ho passato molte ore… (Era ed è una biblioteca oggi).
C’è il quartiere di Metanopoli, voluto da Mattei negli anni ’50, e che ancora oggi dà un bel po’ di grattacapi all’amministrazione comunale con i suoi tipici palazzi uffici e le case basse per i lavoratori.
Poi ci sono importanti sedi nazionali di alcuni noti marchi, lascio a voi scoprire quali.
fossi in te continuerei a conoscerla poco
COnfesso che su Rieti non sono per nulla preparato
La toponomastica è bella perché è varia
MI sono sempre chiesto cosa ci fosse a Metanopoli, grazie per l’info
C’è il Parco Enrico Mattei, ex parco Snam. Se passi di qui vale la pena farci un giro, giusto per respirare meno smog. 🙂
Sei un buona e numerosa compagnia, nessun problema.
prima o poi verrò in bici, magari ti avviso e ci beviamo una cedrata
😀