La figlia di mezzo è cresciuta problematica, sovrappeso fin da piccola con tutte le conseguenze che implica il tentativo di far coesistere peso e modernità, sapete benissimo come funziona oggi che abbiamo persino adottato un inglesismo politically correct come “curvy” per aborrire l’odiato “ciccione”. Poi, voglio dire, c’è un sacco di gente che fortunatamente trova la sua strada anche sviluppandosi – troppo – fuori dai canoni estetici e fisici delle persone di successo. Ma c’è qualcuno labile in partenza che poi, a portarsi dentro e fuori tutta quella zavorra, un po’ ci perde la testa. Il vero deus ex machina al contrario, quello che anziché salvare dal nulla manda a catafascio una situazione famigliare già poco standard di per sé, e mi ci metto pure io con tutte le mie eccentricità, è però il genero, compagno prima e poi marito in separazione dei beni con residenza differente dalla moglie, la sorella maggiore. Piomba in famiglia con un fallimento societario alle spalle e ammorba tutti con le sue movenze senza pudori da affarista smaliziato, opposto a papà per la sua visione di economia avulsa da una morale. Alcune dicerie senza fonte provata assicurano la sua abitudine di accumulare i risparmi all’estero malgrado voti centrosinistra e sia abbonato all’Espresso. Quando dicevo su a proposito del fiuto per i soldi intendevo questo. C’è chi si arricchisce con l’evasione totale e chi non ci riesce perché mette perfino in regola chi si occupa delle pulizie. Io parteggio per papà, sia chiaro, anche se ammetto che nel posto in cui viviamo così non si va da nessuna parte. Se poi ci si impegna anche, a commettere errori, il gioco è fatto.
Spinto da quel pudore per il quale ci si sente osservati in quanto stranieri in un luogo di provincia e dal desiderio di placare meritatamente un banale impulso corporale, decido di investire qualche euro in ristoro. Come qualsiasi ligure emigrato ho quel tipo di debole per la focaccia che mi induce a una dieta monoalimento ogni volta che mi trovo in un posto di riviera. Ne compro un etto scegliendo un panettiere a caso e cannando in pieno, manco a dirlo. La focaccia è inutilmente unta in eccesso e, consumandola camminando, mi fa venire una sete boia. Entro così in un bar sul litorale che già a quell’ora del mattino odora dei postumi di una squallida noche brava di provincia, quelle con i maschi azzimati all’eccesso e le ragazze messe giù da battaglia che a turno si scambiano le relazioni amorose, annessi e connessi. Da un paio di casse sovradimensionate sono costretto all’ascolto nell’ordine di una versione zumba della versione techno della versione originale della Lambada seguita da due pezzi anacronistici – siamo nel 2014 – come un recente remix di “Short dick man” fino a “Papi chulo” che sancisce definitivamente la fine della mia permanenza in quel bar fintamente trendy e lo spreco dell’unico bonus per cappuccio e brioche consentito dal mio budget. Ma nemmeno mezz’ora di vicoli del centro storico di quel borgo e faccio uno strappo alla regola. Trovo proprio nei pressi del notaio incaricato della pratica del rogito una sala da the con wi-fi incorporato, e dal momento che mi porto sulla schiena, nello zaino dell’ultimo evento a cui ho partecipato per lavoro, il laptop con cui poi scriverò la maggior parte di questa storia decido che è il momento giusto per controllare come vanno le cose sui miei social network preferiti.
Episodi precedenti:
Serie 01, ep. o1
Serie 01, ep. o2
Serie 01, ep. o3
la focaccia! noi liguri siamo proprio tutti fissati, è una delle poche cose che mi manca anche quando vado in vacanza 🙂
ah, anche tu ligure?
genovese : )