Scherzo eh, sia sul fatto che li leggo e non è vero che non ho rispetto per come vivete i socialcosi. Quelle citazioni internettiane tipo “se il lavoro è la tua vita è perché hai una vita di merda” sicuramente sono esagerate, sta di fatto che legare un ambiente così cialtronesco come il duepuntozero con il lavoro a me riesce ancora difficile, mi piace affacciarmi qui e là con l’uso disinvolto della lingua italiana, sfoggiare un italiano e una punteggiatura a cazzo e linkare i contenuti senza badare con un po’ di presunzione a come la sfera professionale della mia vita si infiltra nella mia privacy e, chi la abita, che cosa ne penserà. LinkedIn è fatto apposta per chi non riesce a staccare dall’ufficio e in certi ambienti si dice anche che consenta di fare affari, stringere accordi, aumentare profitti e cercare lavoro. Io non so voi, ma quando accendo l’Internet mi piace fare zapping con quel disimpegno di quando da ragazzini facevamo merenda davanti alla tv dopo i compiti, vi ricordate? Quando mi capita di affacciarmi su LinkedIn mi sembra di sentire l’odore dell’arredo color noce scuro delle scrivanie dei manager con le foto dei figli e della moglie, i badge degli eventi appesi con il nastro alle targhe ricordo, le lavagne con i numeri semi-cancellati, le macchinette del caffè con i maschi sposati che ci provano con le colleghe più giovani, i completi business e i garage gremiti di station wagon aziendali. Poi dò un’occhiata davvero alla home e vedo lì i vostri post pubblicati alle dieci di sera, e penso che io a quell’ora probabilmente stavo convincendo mia figlia a fare la cartella e coricarsi, ma proprio per il rispetto che ho nei vostri confronti cerco di farmeli piacere lo stesso perché forse, chissà, un giorno saperne di più sugli argomenti che mettete lì in modo che qualcuno possa interessarsi a quello che producono le società in cui lavorate potrebbe tornarmi utile. Non è che li trovo noiosi, eh, è che leggo una riga, due, ma poi improvvisamente mi addorm
Mi è piaciuto tantissimo come hai finito il post! 🙂
Linkedin ce l’ho per il lavoro, ma devo dire che non lo sto curando moltissimo, come tante altre cose. Non lo trovo nemmeno tanto invitante. Per ora mi limito a utilizzarlo passivamente.
mi hai intristita da morire. quando io ero bambina e facevo merenda dopo i compiti avevo un bel provare a fare zapping … c’era solo “La tv dei ragazzi” …
quanto al resto, sta attento, c’è gente piuttosto permalosa da ‘ste parti. 🙂
Una cosa che odio di LinkedIn, oltre le richieste di perfetti sconosciuti, sono i titoli professionali in (finto) inglese, tipo customer care intrllicence strategic chief account sales manager…
Io sì che lo uso Linkedin, e sono pure una di quelle che ci ha pure tratto qualche beneficio in termini professionali…però ‘sta cosa nuova dei post no, non la capisco. Non ne abbiamo già abbastanza di piattaforme in cui ci chiedono a cosa stiamo pensando? Devo pure far sapere a colleghi, ex colleghi, ex fornitori e sconosciuti random che cosa sto pensando circa il mio futuro professionale? Devo sforzarmi di scrivere cose intelligenti e interventi smart-casual-professional da sharare e far salire nella top list dei post più letti? Che fatica oh. Io leggendo quei post non mi addormento, mi accontento di sentire quel brividino di ribrezzo che mi stimola la punta dell’indice a cambiare pagina…
linkedin è il male. e ovviamente qua in inghilterra va alla grandissima. sta cosa di non separare il lavoro dalla vita mi ammazza.
Anche io come te. Soffro l’idea per cui uno strumento legato alla sfera professionale debba essere per forza triste e noioso. Probabilmente perché gli ambienti di lavoro tristi e noiosi.
poi era difficile fare zapping senza telecomando, sai che sbattimento alzarsi e sedersi ogni volta
pessimi ma utili a confondere le idee a scopo commerciale. Le aziende poi gonfiano così l’ego dei dipendenti non potendo più gonfiare i loro portafogli.
Si è creato un nuovo bisogno che permette a chi lavora sui social media di vendere servizi anche per LinkedIn. Il problema è l’illusione collettiva che gli argomenti professionali (che poi sono marchette) interessino davvero. Mah.
sai che invece credevo si trattasse di un fenomeno tutto italiano?
Già e anche stressanti!