Uno dei vantaggi dei dispositivi consumer dotati di strumenti di geolocalizzazione è che possiamo esimerci dal chiedere informazioni a giovanissimi sotto i vent’anni, per intenderci, anzi per non intenderci perché vi sarete accorti anche voi che i nostri ragazzi non sanno più parlare e che i biascicamenti e i cioè delle macchiette di Verdone in confronto è pura ars loquendi degna dei più logorroici oratori dell’antica Roma. Se da una parte stiamo parlando di persone cresciute ad essere scarrozzate a destra e a manca sui SUV di mamma e papà, quindi con una facoltà di controllo del territorio pari a zero e molto poco sul pezzo, dall’altra la crescente trascuratezza dei processi cognitivi volti alla sopravvivenza in ambienti diversi dalla propria postazione internet e dal sistema operativo del proprio smartcoso, il tutto in un sistema di relazioni in cui la parola è sempre meno veicolo di interazione sociale sostituita dalle croci sui test a risposta multipla e dalle faccine elettroniche, sta generando mostri dal punto di vista dell’utilità per automobilisti o pedoni smarriti, e sono certo che vorreste che aggiungessi il classico “e non solo”. Ma non voglio essere pedante, soprattutto più cialtrone di così, e preferisco limitarmi a farvi presente la difficoltà di esporre a chi chiede una qualunque informazione una cazzo di indicazione sensata con una cazzo di frase di senso compiuto. Quando poi li vedi in coppia o in gruppo c’è da chiedersi cosa si dicano tra di loro, perché di sicuro devono capirsi altrimenti che senso avrebbe vedersi e stare insieme. Abituarsi allo sforzo di farsi comprendere dal prossimo non è più faticoso di un qualunque esercizio fisico o di una prova di coraggio da esercitare su un videogioco. O l’italiano è davvero più difficile dell’inglese. O magari siamo noi anziani che pretendiamo troppo.
Non è solo una questione anagrafica perché l’esposizione a una lingua sciatta ci accomuna tutti. Anche se probabilmente è vero che noi adulti siamo più resistenti mentre i ragazzi risultano più vulnerabili. L’impoverimento linguistico si specchia nell’impoverimento degli argomenti. Del resto discutere in maniera articolata di qualcosa è ritenuto oggi del tutto superfluo, come dare indicazioni stradali al tempo dei navigatori, a tutto vantaggio di una velocità che è ben rappresentata, ad esempio, dalla superficialità del like. Butto uno sguardo e commento, poi passo oltre.
Lo credo anch’io, ma temo più di ogni altra cosa le nuove generazioni che sono così proprio a causa nostra e dei contenuti che abbiamo prodotto e continuiamo a pubblicare. Nella scuola di mia figlia non è più richiesto di parlare e scrivere bene, basta sapere la risposta giusta tra le tre o quattro proposte, e non so dirti se è la scuola che si è adeguata alla pigrizia mentale o viceversa.
No… non sono d’accordo. La proprietà di linguaggio i ragazzi ce l’hanno. La usano male forse, ma la utilizzano.
Ogni fascia d’età ha il proprio modo di esprimersi e ogni volta che crescono o cambiano ambiente si adeguano; è sempre stato così e sempre sarà.
Odio il linguaggio sms, e oggi non ha nemmeno più senso, in quanto gli smartcosi danno la possibilità di interagire con chat che non limitano il conteggio delle parole. Basta semplicemente dare dei paletti e molti siti, blog e forum lo fanno: si scrive solo in italiano e non con pseudo parole del tipo: pk, nn, gg ecc. Non è poi così grigia la situazione, basta solo avere pazienza. Cresceranno.
Per le indicazioni, invece aprire un’altra parentesi. Ho 26 anni e il mio senso dell’orientamento… è particolare, alcuni direbbero pessimo. Ogni volta che giro per strada prego che non mi chiedano informazioni, perché non sono in grado di darle. 😀
Ho 23 anni e un ottimo senso dell’orientamento. Eppure se avessi dato retta agli studi sul mancinismo mi sarei dovuta perdere tanti angoli fa. Mi sono trovata a dare indicazioni stradali anche da turista fuori porta. Avrò un viso affidabile!
Non è stato il linguaggio abbreviato a scatenare il declino culturale italiano. C’è sempre un modo più coinciso e specifico per esprimere la qualunque. Siamo pigri! Più che un fattore generazionale è una deformazione contemporanea estesa a tutte le età. Ci piace vincere facile, ci lasciamo persuadere dalla tv, guardiamo ancora Uomini e Donne. Siamo ignoranti, volubili e ci lasciamo trasportare da tutte le tendenze effimere.
Non è un segreto che dal 2009 l’uso spropositato di internet ha cominciato l’ascesa a vette imbarazzanti. Su fb a giorni alterni mi notificano le richieste d’amicizia degli animali domestici dei miei vicini, inviti a candy crush e a corsi di nail art. Ho 571 amicizie e ne frequento realmente quattordici; la quindicesima è arrivata al limite del limite di sopportazione: non ha argomenti di conversazione al di fuori dell’università (nel senso che non argomenta nemmeno sull’università, ma semplicemente sull’angoscia degli impegni universitari che nemmeno esplicita!!). Non ha una posizione politica, una cultura artistica, musicale, cinematografica, “telefilmatica”, non ha la curiosità di viaggiare… basta che i ricci siano perfettamente pompati di spuma e le unghie sempre fashion laccate e limate; insomma, non so più come andarle incontro. Però è laureata!
Io mi prendo cinque minuti il giovedì pomeriggio per accorciare le unghie, altrimenti raggiungono la lunghezza da sfaldamento e poi senza passare dal french vado direttamente ai francesismi.
Un giorno, così come Odissea nello Spazio ha anticipato la venuta sulla Terra degli schermi piatti, si avvereranno le peggiori trovate dei peggiori film distopici (uno a caso Idiocracy). Temo l’arrivo di quell’era.
Fortuna che dovevamo essere nell’era del multitasking, del non poter non essere eclettici. Io vedo troppi limiti, superficialità e ancora troppi pregiudizi.
Per chiudere: non dimentichiamo che un popolo ignorante si inganna facilmente. Per fortuna dovrebbe essere curabile.
io invece ho il terrore di darle sbagliate, ogni volta che mi capita poi sto ore a riflettere se ho suggerito il percorso migliore
Giusto, la pigrizia sancirà la fine del genere umano. Ti invidio molto l’appuntamento con le unghie del giovedì pomeriggio, d’altronde come i pianisti anche la scrittura su touchscreen impone una certa cura delle dita.