Non siamo in via di estinzione, noi che difendiamo con tutta la passione che ci contraddistingue i materiali dalla dematerializzazione. Ci fanno le foto alla fermata del tram con il libro in mano, nemmeno avessimo una tigre con i denti a sciabola al guinzaglio. Non lo dico io, ma c’è un trombone – nel senso di persona saccente e boriosa – che dimostra questa sua tesi ai commensali del tavolo a fianco al mio nemmeno si trattasse di un fenomeno al quale occorre dare una giustificazione. In perfetta stereofonia dall’altro lato ho un ragazzo africano che parla dentro a un cellulare di vecchia generazione a qualcuno usando il suo idioma che a tratti mi ricorda il dialetto calabrese. Non è che me intenda molto di glottologia, tantomeno la mia vuol essere una polemica poco elegante basata sulle latitudini di appartenenza dei due termini di paragone. E se nessuno capisce cosa va sbraitando non è un problema. È il volume di entrambi che sta preoccupando il gestore del bar, che evidentemente in tensione abbonda in eccesso di peperoni e melanzane una specie di piatto unico vegetariano ordinato non so da chi. Fino al momento più drammatico in cui da una coppia di ragazze, evidentemente colleghe in pausa pranzo sedute a un tavolino vicino l’ingresso del bar, si leva un urlo disperato a cui segue la concitazione di tutte le contro-operazioni da portare a termine quando qualcuno è nel panico perché si accorge che gli è stata rubata la borsa e qualcun altro è chiamato a riportare alla lucidità la vittima, in modo che la procedura sia rispettata correttamente. Che cosa c’era dentro, quanti soldi, le chiavi di casa, quelle della macchina, il badge dell’ufficio, i documenti per i quali occorre sporgere denuncia, le carte da bloccare, i beni personali dal valore affettivo non quantificabile. Ed è sempre la solita storia. Appoggi qualcosa sulla sedia a fianco o sullo schienale e ciao. Ma come te ne fai ad accorgere? Io mi tengo tutto stretto, il portafogli addirittura nella tasca anteriore dei pantaloni, anche se mi deforma la linea degli indumenti e dà adito ad equivoci sui gonfiori a livello inguinale. Non c’entra nulla, ma un mio amico invece, per non essere disturbato, quando è a cena, dagli ennemila venditori di fiori che infestano la vita notturna delle città opulente, quando vede qualcuno avvicinarsi con qualcosa in mano fa finta di litigare platealmente con la persona con cui si accompagna, uno stratagemma che metterebbe in fuga chiunque.