Se pensate che per scrivere o comporre musica ci voglia solitudine, occorra appartarsi e staccare dal mondo per godere di maggiore concentrazione pensate bene. Ma come vedete, o come avrete provato sulla vostra pelle, nessuno ti sponsorizza un anno sabbatico in qualche eremo sperduto per dar fondo alla creatività, quindi chi ha velleità artistiche, e solo scrivendolo mi vergogno di tutto ciò che comporta, si riduce a praticare il proprio ego in momenti quali la pausa pranzo, tra una pappetta e un cambio di pannolini, sotto i fumi del paracetamolo, di sera con gli occhi che bruciano dopo otto ore di data entry, in treno per raggiungere il proprio turno al call center. Ovunque cioè, e con la costante paura di giungere a quel momento in cui ci si rende conto che tutto sommato è più fruttuoso fare altro. Un secondo lavoro, la zumba, correggere i compiti dei figli, al limite scopare.
O, peggio, svegliarsi la mattina e accorgersi che su quel fronte non c’è più niente da dire, da dare, da scrivere, da comporre, da arrangiare. L’ispirazione è finita, il nostro corpo che era la miniera da cui estraevamo cose o interpretavamo la realtà si è esaurito. Magari non per sempre ma come si fa a saperlo? Caro manager, cara casa discografica o edizione pincopallo e soprattutto caro pubblico, dobbiamo sospendere a tempo indeterminato il nostro rapporto perché mi si è inceppato l’estro, ma continuate pure a passarmi gli alimenti che prima o poi torno sulle scene per stupirvi come in passato.
Una volta ho trascorso una settimana chiuso in una casa di campagna con una strumento musicale e ogni volta che mettevo le mani sui tasti mi venivano fuori cose sempre appaganti. Come adesso, che mi corico con il portatile in standby e non sapete quante volte mi sveglio e mi precipito a segnarmi spunti per trame, storielle, cose vere e altre inventate, giochi di parole, racconti. Mai numeri o combinazioni vincenti ma che importa. È il paradosso di queste cose qui, ci sono strumenti e c’è tutto il tempo per farlo anche se poi non ti danno da mangiare.
Eh già! Però danno qualcosa a te mentre scrivi, componi, immagini. E’ vero?
io infatti durante le giornate non mi segno mai niente, neanche una nota o un appunto e quando finalmente ho tempo per mettermi davanti al pc mi pare che alla fine, in quei momenti lì, non ho mai un cazzo di niente di interessante da scrivere.
Ma 6 ore prima ero un vulcano di idee.
Per fortuna non suono niente.
ci va carattere e fisarmonica, senso del brivido e solitudine…
già, ci si ritrova qui con tutte le proprie cose ed è sempre un bel momento
quando facevo il musicista giravo con un registratore e riempivo cassette di versi fatti con la bocca a imitare riff di chitarra, loop, versi e cose così. Oggi ho sempre un blocco note in borsa, ma da quando uso lo smartphone è tutto più semplice e non mi sfugge più nulla
fisarmonica?
paolo conte dixit 🙂
non lo sapevo
lo dice in una delle sue canzoni più “ vecchie “, la vera musica… 🙂