Ci sono almeno due principali effetti collaterali nell’ascolto della celebre Ave Maria di Charles Gounod, che come sapete è una sorta di mash-up ante litteram, in quanto consiste nella sovrapposizione di un’aria composta dall’autore al Preludio No. 1 in do maggiore dal I Libro del Clavicembalo ben temperato di Bach, un po’ come ha fatto Puff Daddy con in pezzi dei Police e dei Led Zeppelin. In ordine puramente strumentale al mio scopo narrativo è doveroso citare la sovraesposizione in periodo pre-natalizio, quell’effetto Libertango di Astor Piazzolla che a causa dell’abuso in ambito pubblicitario causa assuefazione anche verso le cose che, in teoria, non dovrebbero mai smettere di stupirci. Ma il vero link per quello che mi riguarda è l’organista della messa delle 10 con il suo cappello alla Nino Taranto e a quella volta che mi ha permesso di sostituire la sua esecuzione di quel rodato brano durante l’offertorio con un meno canonico secondo tempo di un concerto di Vivaldi remixato (secondo la metafora di cui sopra) da Bach per organo, che poi è l’unica testimonianza live della mia attività di esecutore di musica più o meno sacra, suonata a due mani e due piedi. Ero giovanissimo, per non dire bambino, e portavo con me in quel periodo un animale giocattolo, una lunga biscia verdastra di plastica parzialmente flessibile che ostentavo nelle foto nemmeno si trattasse di un orsacchiotto di pelo. La tenevo in bocca come una preda o in equilibrio sulla vistosa visiera del cappellino da baseball da cui non mi separavo mai nonostante non sapessi nulla a riguardo. Ma il vero problema era portare la biscia finta in chiesa, e non so spiegare il motivo per cui i miei permettessero che io girassi con quel coso assurdo in mano e non me lo facessero nascondere almeno per le foto ricordo durante i viaggi e le gite. Ieri all’alba hanno trasmesso invece l’Ave Maria di Gounod sotto i portici di Via Pisani, attraverso i diffusori del bar più mattiniero che allestiva i primi tavolini fuori malgrado i numerosi clochard che dormivano ancora della grossa nei loro rifugi improvvisati. Clochard dinanzi alla KPMG, clochard dinanzi allo sportello Unicredit, clochard sotto le insegne dell’Aeroflot e di Mama Burger. Nel dehors encomiabile anche lo sforzo di aver posizionato, insieme alle sedie e ai tavolini, un calcetto con il brand della Birra Moretti di quelli che vanno di moda adesso, senza scopo di lucro ovvero ci sono le palline, non costa nulla e puoi giocarci all’infinito. Infatti, pensavo, oggi la gente è abituata ad avere le cose gratis, figuriamoci il calcio balilla nell’era delle console. L’Ave Maria poi è sfumata in una delle solite radio commerciali, probabilmente era una vera e propria sigla d’inizio giornata, una preghiera per i commercianti che oggi sia meglio di ieri.
Joyce impallidisce coi tuoi flussi di ricordo e coscienza!
E niente ero venuto per Donatella Rettore.
specchietto per le allodole 😀
questa è buona 😉