Papà fondamentalmente non ha mai avuto fiuto negli affari. Non è una condizione essenziale per vivere felici, ma se ci sai fare ci sono più probabilità che la felicità tocchi a te. Papà ha speso la maggior parte delle sue risorse nella casa che mi ha causato solo guai. Una cascina costruita dal padre di sua mamma, che era mia nonna, in un bel posto di campagna sull’appennino ligure. Quando parlo di risorse intendo tempo e soldi. Tempo perché ci ha vissuto da piccolo, poi ha trascorso lassù la quasi totalità delle sue ferie estive da adulto, vi si è recato finché ha potuto guidare un’automobile ogni week end quando i figli ormai erano diventati grandi, ha fatto la spola un paio di giorni la settimana, una volta in pensione, per prendersi cura del suo orto. Soldi perché ce ne vogliono parecchi per manutenere una casa vecchia in campagna e, soprattutto, farla diventare un posto abitabile in cui per andare in bagno non è necessario uscire nei campi, per cucinare non occorre per forza andare a far legna, per stare al caldo non devi mettere quegli scaldaletto con il carbone ardente per asciugare l’umidità dalle lenzuola prima di coricarti.
Mamma invece, che è nata e cresciuta al mare, non avrebbe mai accettato di passare la sua vecchiaia sui monti, ma di questo papà non se n’è mai curato più di tanto. Non è chiaro se abbia buttato via i suoi risparmi e la liquidazione di entrambi per lasciare ai propri figli una seconda casa con tutti i crismi o se quella era una scusa e, soggiogato da quell’egoismo a fin di bene che è un miscuglio di semplicità, indole contadina e testardaggine, comunque pensava che la casa che già conteneva le sue radici dovesse diventare anche l’urna in cui raccogliere le ceneri dei destini di tutti. Con il tempo, sfruttando alcune conoscenze del settore dell’edilizia coltivate sul lavoro che poi, a dirla tutta, secondo me sono loro che hanno sfruttato lui, e sull’onda dei retaggi di un tessuto sociale d’altri tempi che assurgeva a valore pressoché legale cose come la parola data, o l’onestà e la dignità verificate di persona, papà ha pagato il rifacimento delle fondamenta, l’impianto elettrico, il riscaldamento, la ristrutturazione di alcuni locali, intercapedini anti-umidità. Poi il bagno e la cucina con i mobili e gli annessi e connessi. Il tutto continuando a non avere una prima casa di proprietà ma facendo vivere la sua famiglia in un appartamento in affitto che, pur a costi agevolati, era fonte di risparmio mancato, in tempi in cui comprare una prima casa con le cambiali tutto sommato non era così difficile per una coppia di impiegati con lavoro fisso e sicuro. Un modello che non avrebbe peraltro lasciato nulla a noi una volta adulti, e cioè ora. Cosa che infatti si è avverata. O, meglio, quella della seconda casa ristrutturata e abitabile da lasciare ai figli e alle loro famiglie future poteva anche non essere una cattiva idea se non fosse andata com’è andata, e lo so che da qui è fin troppo facile sparare giudizi sui comportamenti altrui. Però non so, io ora ho una figlia e preferisco andare sul sicuro, per questo la prima cosa che mia moglie ed io abbiamo fatto è stata raccogliere i risparmi comuni – più suoi che miei – e accendere un mutuo per dotarci di una casa di proprietà.
Ecco, il seguito del post di ieri.
Mi par di intuire cosa possa essere successo ma lo scoprirò leggendoti.
E sì che è importante avere una casa di proprietà, certo.
Però che tenerezza tuo papà, lasciamelo dire.
Un abbraccio a te!
è davvero difficile pensare di disfarsi dei ricordi, specie se si palesano sotto forma di casa di famiglia. una carezza al tuo babbo dovunque egli sia…