separati in camper

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Nella fiction d’antan nei camper ci abitavano solo i tipi un po’ radical chic come Alonzo Gates, vulgo Gonzo, il dottore reduce dal Vietman e dalla serie tv M.A.S.H. poi innestato nello spin off “Trapper”, e se vi ricordate tutto questo condividete con me il decennio di nascita. Nella realtà ci vive stabilmente solo qualche marito separato che magari nello spirito avventuroso dell’outdoor forzato al parcheggio del parco ci trova anche lati positivi. Ma che tristezza, pensa vedendolo la famigliola reduce da una festa di compleanno a cui ha accompagnato il figlio in età da scuola primaria e che rientra sbuffando il vapore nel freddo e inalando in cambio quel pesantore chimico dell’hinterland che non ho mai capito se sono fabbriche o banale concime da agricoltura. Ma che tristezza, pensano quella madre straniera con le due figlie che prima ho visto camminare al buio in una strada di quelle che nessuno percorrerebbe a piedi a meno che non si abbiano i soldi per permettersi un’automobile ma, malgrado ciò, non si può certo negare il divertimento domenicale alle proprie ragazze. Più pericolosi di loro ci sono solo gli africani che vanno in giro di notte in bici, impossibili da identificare nel buio, e quel magrebino che avevano beccato in autostrada e che, con la sua mountain bike, voleva arrivare prima a destinazione evitando così le vie più trafficate. A risollevare le sorti di quel residuo di weekend di periferia c’è però la targa del camper che finisce sardonicamente come una risata, AH, che la dice lunga sul motivo per cui quell’uomo vive lì da solo. Avrebbe dovuto documentarsi prima, giusto? L’affinità di coppia, almeno la sua, si evince dalla frequenza con cui si ricevono le chiamate del partner in momenti poco opportuni, come quando sei carico di borse della spesa e stai cercando le chiavi impegnandoti a non far cadere nulla e ti squilla il cellulare nella tasca interna della giacca chiusa pure con la zip. Oppure mentre ti stai recando da qualche parte in cui non sei mai stato e ci stai arrivando proprio grazie al navigatore di Gmaps e ti arriva la telefonata in prossimità di un incrocio, e non sai che con gli smartphone si possono fare due cose contemporaneamente ma, comunque, la casualità stessa ti innervosisce.

Vedo così attraverso la finestrella il camperista single di ritorno con la lampada da campeggio accesa leggere una copia ormai obsoleta della Gazzetta, i giochi calcistici alle sei del pomeriggio del giorno di festa ormai sono tutti fatti. In più, con l’avvicinarsi dell’ora di cena, lo stomaco che si stringe nei crampi da nostalgia per alcune strategie di vita di coppia, come il trucco di comprare sempre due bottiglie di birra da 50 cl, una a testa che però a meno di accompagnarsi a una beona, l’uomo riesce sempre a spuntarne anche la metà della seconda. Poi quei grandi dubbi senza risposta: il plurale di mouse nel senso della periferica da computer desktop è mice? O perché non si produce direttamente cibo per gatti con la carne di topo, visto che decenni di cartoni animati ci hanno forgiato su credenze di questo tipo? Mi allontano verso casa perché mi assale troppa angoscia, e per tirarmi su mi canticchio tutti quei motivetti italiani che possono essere adattati alla ritmica degli slogan da corteo politico impartiti dal capo della manifestazione con il megafono, e mi viene benissimo con “Su – di noi – nemmeno una nuvola / su – di noi – l’amore è una favola”, tanto sono in macchina e fuori non se ne accorge nessuno.

2 pensieri su “separati in camper

  1. Io di tipi più o meno loschi che vivevano in camper mi ricordo solo Marco Ferradini, fotografato per Sorrisi&Canzoni nella sua casa a 4 ruote in attesa che arrivasse Teresa.
    Sei sicuro che non fosse Marco Ferradini, eh?
    O magari Ciro Sebastianelli, o Walter Foini chessò?

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