non me la raccontate giusta

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Inutilmente affaticati, d’altronde nessuno si sognerebbe mai di ammettere che il lavoro può essere annoverato tra i sistemi dell’annullamento individuale alla pari dell’alcol, del colesterolo e delle droghe pesanti, troviamo modalità light per illuderci dell’esistenza di realtà parallele di trasgressione, proprio oggi in cui qualunque novità esercitata compulsivamente alla lunga rompe i maroni e quindi uno stimolo verso un’evasione definitiva dev’essere proprio una roba che ci lascia senza parole. Abbiamo visto tutto, no? La frequentazione estrema con i sodali nei social network, l’accessibilità interdisciplinare dei contenuti in rete e persino la pornografia gratis anche all’ora di pranzo, per dire. Credo sia per questo che comunque ci viene voglia di raccontare i sogni, anche se è un po’ la morte dello storytelling. Una dimensione in cui tutto è possibile e ci condiziona a tal punto da credere alle teorie più assurde. Ho sentito persino dire che chi leggiamo essersi suicidato prima di compiere il gesto desse l’impressione ai parenti più vicini di essere morto già altre volte e di sapere quello che faceva. Io mi sfogavo con cose più banali, per esempio, come scorrere il cursore delle onde medie per captare le voci dall’oltretomba o pensare intensamente che mi asciugassero i brufoli sulla fronte in modo da tornare a scuola con una faccia meno soggetta all’ilarità dei pari. Nulla si verificava, manco a dirlo. Ci sono desideri a raggio più corto e chi ha la mentalità imprenditoriale riesce persino a tirarci su un bel gruzzoletto. Sentite qui: una mia amica vorrebbe mettere su un ristorantino in cui servire solo piatti che si intonano con i colori dei vestiti degli avventori. Mica male, vero? Ti presenti con una camicetta bordò e ti fai servire un risotto al radicchio, il pullover marron per un primo con i funghi o il gulash, io ne vado matto. Arriva il cameriere e mette in tavola persino il pane bianco o di segale a seconda degli abiti che indossi e poi ti consiglia. Un posto in cui i nude look sono vietatissimi, ovviamente. Ma alla fine nessuno ci prova veramente, tutte queste velleità sono post it appiccicati con lo sputo, come si dice dalle mie parti per indicare un qualcosa destinato a cadere nell’oblio con una metafora che fa un po’ schifo. Ci restano convinzioni quotidiane più alla nostra portata, come l’illusione che gli alimenti industriali possano essere conservati fuori dalla loro confezione in contenitori generici alla pari di quelli che preparavano le nonne. Ma quanto cazzo si cucinava un tempo? Eliminare ogni traccia di modernità dalla nostra cucina, uniformando la disposizione dei prodotti acquistati al 30% di sconto per tipologia e non per brand, ci trasporta in una dimensione alla quale non apparteniamo più e in cui la soddisfazione del riciclo preventivo di involucri e packaging appaga la coscienza al massimo fino al successivo ritiro programmato dell’immondizia.

2 pensieri su “non me la raccontate giusta

  1. Hombre

    e niente, scrivi d’addio!
    L’altro giorno a mensa mi son ritrovato involontariamente 4 portate giallognole sul vassoio: Zuppa di zucca, omelette, patate fritte e banana e non stavo nemmeno cucinando metanfetamina.

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