Quando in autostrada ti superano con facilità furgoni e autocarri significa che sono passate le cinque del pomeriggio e la variegata umanità di muratori e operai dell’est europeo al soldo di imprese edili bresciane e bergamasche sta consumando il rito del tragitto di ritorno immersa in un abitacolo all’aroma di grappa o ammazzacaffè e sudore da fatica. Le due suddette province lombarde, per chi non lo sapesse, devono la loro fama proprio alla strenua applicazione nelle discipline delle costruzioni e dell’impiantistica accessoria dei loro abitanti, autoctoni e acquisiti. Ristrutturazioni, infissi, idraulica, edilizia tout court. Lavorano all’interno delle case, loro, mica come quei carpentieri ingaggiati alla giornata che stanno compartimentando il territorio a metri e metri di rete da cantiere arancione che aumenta in superficie di istante in istante. Sono pronto a scommettere che la lunghezza di tutta la rete posata nell’hinterland milanese raggiunge la misura dell’equatore terrestre, e vi sfido a percorrere un isolato in macchina di un centro abitato a vostra scelta senza vederne almeno un paio di metri. Rete messa a cazzo, che pende sempre da una parte o dall’altra, strappata e consumata dalle intemperie, che nessuno si prende la briga di rimuoverla a lavori finiti o quando un’impresa dichiara fallimento e non c’è verso che qualcuno rimetta a posto le cose com’erano prima di piazzare gru e betoniere. Comunque i furgoni e gli autocarri iniziano a superarti dopo le cinque del pomeriggio, sto parlando della Milano – Venezia, e la velocità di quei mezzi commerciali malgrado le quattro corsie spaventa un po’. Li aspettano bar a gestione cinese, stanze disadorne in cascine fatiscenti di paesotti in cui le luci dei videopoker restituiscono un’illusoria sensazione da led natalizi a chi del natale non se ne fa nulla, per di più in un contesto in cui il crocefisso lo mettono persino nelle officine dei meccanici al posto dei tradizionali calendari di Le ore. A me che non vado mai a più di centodieci all’ora, non per mia scelta, mi viene da sfogarmi con quel tic con cui ci si arrotolano le labbra che grazie all’arsura restano appiccicate alla gengiva all’altezza degli incisivi, sia il labbro superiore che quello inferiore, chiaro. Non so se lo fate anche voi ma deve trattarsi di una pratica diffusa tanto quanto rimuovere con la pipì le macchioline nei bagni pubblici. Tutti passatempi di evidente eclusiva maschile, chiaro. Quello delle labbra dà molte soddisfazioni soprattutto se praticato in auto, e chi ti osserva mentre ti supera può rimanere colpito dalla curiosa conformazione della bocca e dal sorriso deficiente che comporta. Così in fase di sorpasso, ti lancino uno sguardo di sopresa commiserazione come se fossi colpito da una grave malformazione fisica e probabilmente si scambiano anche qualche commento, ma questa fase successiva è difficile da cogliere. Vanno troppo veloci, almeno rispetto a me, desiderosi di rientrare a casa dopo una giornata interminabile di estenuante lavoro manuale.