La maestra ha insegnato a mia figlia un modo veloce per aggiungere e sottrarre i numeri più alti della prima decina e cioè aggiungi dieci e togli uno, due, tre o quattro a seconda della cifra. Comodo, forse, ma mi dà l’idea di una versione facilitata delle cose, molto regolare secondo la nostra visione pari e in base dieci del mondo, che non posso non collegare a quel modo di insegnare il piano usando i tasti bianchi e la scala di do maggiore, o ad allenarci ai ritmi in quattro quarti eccetera. Peccato, ci si perde un’occasione per acuminare un po’ l’intelletto, renderlo più pronto alle asimmetrie, alle diversità, alle cose che vanno storte. E il dieci, lo stesso che è il voto più alto – io l’ho preso una volta sola nella mia vita, in un compito in classe di inglese, facevo la seconda liceo – o il momento parziale di una conta, il punto da cui si riparte da capo, il numero sulla schiena di gente del calibro di Maradona, Platini e Zidane. I dieci decimi della vista perfetta e i dieci piani di morbidezza. Addirittura il giorno del mio compleanno. Addirittura le tavole di Mosè. Ma da qualche tempo il numero dieci è sulla bocca e nei crucci di tutti. La gente si lambicca per mettere insieme liste in un rincorrersi di nomination, si dice così. I dieci libri, i dieci film, i dieci sportivi, i dieci momenti, i dieci qui e i dieci di là. Cerco di trattenermi dal commentare che le liste di dieci hanno rotto il cazzo non perché non è bello fare le liste ma perché la sovraesposizione, alla lunga, sminuisce la portata di un’idea. Stufa. Io da tempo vado sfidando i miei contatti sui socialcosi a smascherarsi e a pubblicare liste di un elemento solo. Un’impresa impossibile? No perché con l’uno non operereste una semplificazione ma brandireste la vera preferenza di una vita, la prima cosa che salvereste da una catastrofe, una scelta di Sophie reiterata all’infinito. Un film: Smoke. Un disco: Nursery Crime. Un libro: I promessi sposi. Un momento: la pressione del tasto enter.
Uno, dieci, undici, facciamo anche 1729 (e non è un numero casuale), ma come si fa? “Fai finta che devi scappare all’improvviso e devi portarti via una cosa sola.” A me è capitato. Era gennaio, di notte e il tetto di casa bruciacchiava. Non sono andato in camera a prendere la Divina Commedia. Mi sono messo una maglietta, il primo paio di scarpe che avevo e la giacca pesante. Sono uscito al freddo, mentre i pompieri ci annaffiavano casa. Avevo i pantaloni? Non ricordo. Ricordo l’influenza dei giorni successivi, presa per il freddo. E la casetta senza tetto. Neanche I Promessi Sposi mi salvarono da quei giorni. Oggi, poi, con un ebook reader nella giacca puoi salvare la letteratura mondiale dall’oblio, Fabio Volo compreso.
Farò liste, come tutti. Ma quando deciderò io e non quando devo scappare. Sabato comincio con quella della spesa.
Urka che brutta storia, mi spiace. Quegli eventi in cui devi scegliere una sola cosa, come il tuo, meglio solo immaginarli nei post 🙂
Era tanti anni fa. Forse più di dieci, ormai.