Scrivere un post sulla gente è pericoloso per una serie di motivi. La gente è quella che conosci, quella che ti legge, quella con cui lavori, un insieme enorme che comprende persino i tuoi parenti stessi. Le persone che sono in contatto con te sui social network, i vicini di casa, i genitori dei compagni di classe di tua figlia e quelli della squadra di volley. Il tuo avvocato, il tuo commercialista, il tuo medico, il tuo rivenditore di vinile usato di fiducia, il tuo veterinario, la portinaia del palazzo in cui c’è il tuo ufficio, la mamma del bambino con evidenti problemi di chissà che cosa che vedi spingere il passeggino con il figlio tutto raggomitolato su se stesso ogni mattina dopo che ha lasciato il fratellino sano alla scuola materna. Persone famose e mendicanti. Insomma, scrivere un post sulla gente è pericoloso perché uno deve mettere in conto che non esiste nulla di più pervasivo della gente.
Uno di voi dovrebbe quindi prendersi la briga – io no perché non ho abbastanza tempo, ho questo blog da mandare avanti – di fare una sorta di classificazione scientifica degli organismi viventi ma limitata alla gente e all’identificazione dei fenotipi ad essa riconducibili secondo due criteri: i lineamenti, cioè a chi ciascuno di noi è riferibile, e per l’attitudine nell’accezione di comportamento, cioè il modo di porsi anche senza far nulla. Tu vedi uno e capisci che cosa vuole, che cosa pensa, spesso che cosa vota. E se nel primo caso ognuno di noi ha una propria library di modelli, per esempio oggi ho incrociato ben due attribuibili al fenotipo Giustino Durano che è uno dei miei preferiti, nel secondo ci si può allargare un po’ di più con qualche sana generalizzazione.
Prendete i ragazzi maschi giovani di oggi e osservate quanto spazio lasciano all’aggressività nella postura, nella mimica, nel taglio di capelli e nell’abbigliamento. Prendete le donne che riescono a fare anche sei telefonate in meno di un’ora, lo so che si nascondono anche tra di voi, ecco loro probabilmente a differenza mia hanno una vita sociale ma mi piace pensare che ci sono persone che hanno talmente cose da dire che riescono a intrattenere così tanti interlocutori uno dopo l’altro per così tanto tempo. Ci sono i cingalesi con lo zainetto in spalla della campagna elettorale europea di Iva Zanicchi, credo l’ultima, e avete poco da ridere perché ne ho visti tre insieme, giovanissimi, e non ho potuto non pensare a questi nuovi modi di sbarcare il lunario tramite il clientelismo all’ultimo stadio, ovvero ingrandire la claque a una soubrette anziana prestata alla politica in cambio di gadget da quattro soldi.
Ognuno di questi, come ha fatto Linneo, potrebbe essere categorizzato secondo una ben precisa tassonomia, dal dominio al regno all’ordine fino alla classe e alla famiglia fino alla specie o, per essere più precisi, fino alla sottospecie che poi è quella per cui questo moderno genere umano sarà ricordato, facendo dimenticare tutti gli attributi più elevati.
Io sono uno sfegatato fan di Johnny Palomba, specie quando dice “leggenti nustannobbene”. Perché categorizzare, dunque? L’intero genere umano può essere tranquillamente riassunto in quel “nustamobbene” che fa tanto ecumenico. Ecco, forse potrei lanciarmi in una dicotomia categorica, ci sono quelli che dicono “nustamobbene” e quelli che dicon “nustannobbene”. La differenza tra la prima e la terza persona plurale è significativa, molti si sentono gli unici sani.
Quando hai finito di mettere etichette ti accorgi che è ora di ricominciare. O che molte stanno strette. O erano sbagliate. O sono semplicemente cambiate. Capita, eh?
Ci vuole una laurea in archivistica, altro che.