Con la morte di Tommy, che se non sbaglio era l’ultimo rimasto in vita, si è estinta la famiglia dei Ramones, il gruppo che con una fratellanza inventata ha rappresentato uno dei migliori approcci alla musica di tutti i tempi riconducibile al capobanda che dice one – two – three – four e poi il pezzo che parte a una velocità completamente diversa. I Ramones sono chiodo, jeans stretti e scarpe di tela, frangette sugli occhi, il disimpegno delle chitarre e del basso portati al ginocchio, magliette indossate anche dai bambini come marchio dello scazzo stilistico. Ma i Ramones sono un vero e proprio approccio alla vita stessa, ci sono le reazioni alla Ramones, gli stati d’animo e il modo di essere periferico a tutto, una cosa che oggi sembra scontata ma alla fine degli anni 70, la fine del secolo come dicevano loro, mica tanto.
perché per certi musicisti “musica” è voce del verbo essere (lo dico sempre con riferimento al jazz ma è altrettanto vero per molti altri generi musicali che non sono soltanto generi musicali ma, appunto, stili di vita).
ci riflettevo mentre leggevo in rete di Charlie Haden ed è una riflessione perfettamente calzante anche per i Ramones.
ho notato però, e mi ha dato fastidio, la disparità di trattamento tra di due lutti. Voglio dire, Haden è stato altrettanto innovatore quanto i Ramones, ma a quanto sembra – a giudicare dal trattamento sui media – lo conoscevano in quattro gatti.
è vero, è sempre stato così, comunque. Il jazz non ha mai attirato molta attenzione e gli addetti ai lavori (leggi i giornalisti del settore musicale) mirano più ad ottenere il numero massimo di lettori che a divulgare cultura musicale.
Waltz for Ruth non potrà mai competere con Sheena is a punk rocker, semplicemente perché Sheena è una facile mentre Ruth è una complicata. e i giornalisti del caso, dei gran paraculi.
paraculissimi, confermo, soprattutto nel tendere al pensiero unico
paraculissimi, confermo, soprattutto nel proporre il pensiero unico o, al massimo, il proprio