L’equivoco di fondo è invece quello per cui uno muore, un tuo parente stretto e magari con una certa autorità e controllo sulla tua vita come un genitore, e di colpo viene messo al corrente di tutto quello che hai fatto e che farai perché va a mischiarsi grazie a non si sa bene cosa con il tutto. Dovresti accorgertene nel momento in cui succede, Dimensioni che noi umani non possiamo nemmeno immaginare, strati di conoscenza a livello gassoso – non se ne spiegherebbe l’invisibilità – le cui molecole a noi ignote si uniscono a quelle della nostra chiamiamola anima in cui la più perfetta delle nanotecnologie ha concentrato miliardi di anni e di chilometri di storia in cui, per un padre per esempio, è facile individuare istanti con te protagonista che ti fai una canna all’uscita dell’orale della maturità nell’86 o certe perversioni casalinghe di auto-erotismo che ti hanno permesso non pochi compiacimenti in periodi esistenziali di – diciamo così – flessioni del proprio fascino sull’altrui interessamento. Ecco quindi svelato il terzo segreto della bidella complice di una truffa ai danni della prof di matematica e i pensieri perfidi quando è stato il momento di voltare le spalle al volere paterno la prima volta o il tasso alcolico in occasione dell’incidente con l’unica macchina di famiglia e i conseguenti nove milioni di lire di danni. Ora si tratta di cose che non dovreste sapere perché voi non siete ancora morti, quindi facciamo finta che abbia elencato peccati presi a caso e con molta libertà dalle vite altrui.
Invece non è così, anzi il contrario o quasi. Ovvero che è proprio in occasione di lutti come questo che uno viene a sapere di cose accadute a parenti vari perché nei momenti di mollezza da confessione reciproca a scopo consolatorio tra zii o cugini, di quel livello che si incontra solo in occasioni come queste, che saltano fuori certi altarini mica da ridere. Quello che dopo averlo tutto sommato stimato per tutta una vita e rispettato per essere passato a miglior vita in modo indecoroso vieni a conoscenza della sua militanza nella RSI, che finita la guerra ha setacciato certe montagne dietro a casa tua per dare degna sepoltura a nazifascisti giustiziati dalla resistenza, che poi è diventato esponente locale di punta dell’MSI prima di cambiare tutto e abbonarsi a una rivista di stampo anarchico. Quell’altra – e che brutta fine che ha fatto – ha invece abortito a quindici anni in tempi in cui non si poteva certo raccontare in giro. Ma anche un caso di alcolismo da terza età causato da solitudine improvvisa e i rischi del bicchiere in eccesso dopo certi tipi di farmaci.
In generale però mi sento di confermare che magari uno non ci pensa che gli altri abbiano bisogno di affetto e attenzioni anche in condizioni normali, quando non è il compleanno o quando gli succede qualcosa di tragico, come è successo a me. Ecco perché mi sento di lasciarvi rilanciando con quanto sia straordinario vedere le persone ogni giorno che stanno bene e che si beano del quotidiano e sarebbero da riempire d’affetto e di abbracci o di like su Facebook anche solo perché, anche oggi, hanno salutato i figli alla scuola materna o hanno mangiato prosciutto e melone a pranzo, oppure sono in attesa al banco gastronomia dell’Esselunga con i bambini che invece mettono fretta perché hanno in testa solo le figurine. Lasciate perdere il soprannaturale, ve lo dice uno che ha appena assistito a un rosario recitato da un diacono fiaccato dal Parkinson e con una pesante inflessione dialettale ligure. Se incontrate amici o parenti mentre svolgono funzioni apparentemente banali ma concrete e misurabili, di quelle che alla fine reggono l’intero sistema delle convenzioni sociali, date loro l’importanza che meritano, metteteli al centro delle loro vite come se quel giorno, ogni giorno, fosse il loro giorno.
C’è una formula non nostra per esprimere cordoglio: che la terra gli sia lieve.
O il silenzio, ma non oggi.
“che la terra gli sia lieve” è una formula che mi riempie di speranza, non so spiegarti il perché