Non c’è una frase come “Ora, a freddo, posso anche dirtelo. Sai perché non mi è piaciuto?” asserita in tono perentorio che riesca a interrompermi dalla lettura, anche se la storia è intrigante a livelli che non potete nemmeno immaginare. E non è solo la sicurezza ostentata da chi l’ha pronunciata, una ragazza molto bella e in tiro che ha aspettato a intervenire nella discussione con i suoi compagni di viaggio sul treno solo una volta premuto invio di qualcosa sul suo smartphone. È anche la curiosità circa il tema sul quale la ragazza vuole esprimersi in modo così autorevole. Sarà che siamo nel pieno dei dibattiti post elettorali, quali scenari si aprono a Bruxelles con la vittoria del PD. Oppure c’è Cannes o il Papa in Terra Santa, al limite. Così distolgo l’attenzione dal mio libro per conoscere il parere di questa opinion leader anche se non so su cosa, e come me i suoi due interlocutori si zittiscono immediatamente dal loro dialogo così sommesso che, fino a quel punto, non avevo per nulla notato. “Sai perché non mi è piaciuto?”, dice. “Non mi è piaciuto perché c’erano il tonno e i gamberetti”. Che doccia fredda. Tutta questa determinatezza per parlare di cibo, e così l’idillio platonico e intellettuale tra me e lei si interrompe brutalmente come se qualcuno avesse tolto la corrente a un elettrodomestico. Ne segue l’argomentazione, perché se un ristorante ti presenta il pesce sul tavolo poi non può cadere in errori di accostamento come quelli. Uno dei suoi interlocutori osserva però che i gamberi erano vivi, al che non so davvero cosa pensare, se sia meglio cioè che si tratti di un’iperbole o se ha davvero provato l’esperienza di crostacei che muovono zampe e chele nel piatto, avvinghiati in un intreccio di spaghetti. L’altro, che si muove come se fosse in intimità con la ragazza, sdrammatizza con una boutade, sostenendo che non le è piaciuto perché c’era il pomodoro, ma la ragazza è ormai su un altro piano della conversazione che prevede aneddoti di cucina ittica accaduti nel corso di una vacanza in Kenya. Io non so nemmeno se ci sia il mare, in Kenya, ma forse sì, e se davvero si mangino i migliori piatti di pesce del mondo. Un viaggio in Africa come qualsiasi gita fuori porta in Liguria ad ammazzarsi di fritto misto fatto con totani surgelati. Non so se sia peggio la globalizzazione turistica o il fatto che la gente si sfondi di programmi tv di cucina e che il cibo sia uno degli argomenti di discussione più diffusi. Non a caso il racconto vira su un parallelo piuttosto improbabile con il piatto di pasta oggetto della conversazione. Qualcuno poi alla fine rivela il perché non le è piaciuto. Non le è piaciuto perché non ha potuto fare la scarpetta. Capite il dramma?
Lo capisco il dramma. Io ho una sigla, bivalente. SGC. Può stare per Sti Gran Cazzi oppure per So’ Grossi Cazzi. Dove attenzione, lo sticazzi romanesco è diverso da quello nordico eh. Lo sticazzi romanesco è l’espressione sublime del “fate quel che volete, io me ne fotto” contrariamente al “ma dai non credevo non me lo sarei mai immaginato” dell’accezione nordica. Solo così puoi apprezzare la differenza.
Ora, che serva un SGC non ho dubbi. Non so quale sia la corretta traslazione in questo caso. Pendolo, dall’una all’altra. E non so decidermi. E’ grave secondo te?
assolutamente no, la speculazione filosofica è arte allo stato puro