Perché io non c’ho mai messo piede, non saprei dire che cosa c’è dentro, quali sono le attrazioni e che cosa si fa una volta entrati. Se si mangia e si beve o si ascolta solo musica, come suggerisce il loro nome. E quando noto per strada qualcuno con una di quelle magliette mi chiedo che senso abbia andare all’Hard Rock Cafè di Cancun quando ce n’è uno a Firenze. L’ho notato proprio la prima volta in cui ho visitato la capitale toscana, ci sono passato davanti lo stesso giorno in cui avevo visto una donna completamente nuda se non per un paio di stivali rossi passeggiare in totale scioltezza per una via adiacente il Duomo. Era ottobre e non faceva ancora freddo quindi non dovete preoccuparvi per la sua salute, almeno quella fisica, ecco. Io pure ero ancora in bermuda e alloggiavo in una pensione nel quartiere di San Lorenzo gestita da una famiglia dal cognome palesemente genovese, fatto che mi aveva divertito. Poi appunto ricordo che stavo guardando una vetrina di un negozio di scarpe proprio ad altezza pube umano quando ho notato che c’era qualcosa che non andava, in quella tizia a passeggio. Era tarda mattina, quasi l’ora di pranzo, e l’Hard Rock Cafè di Firenze era già aperto, ma di cose mai viste avevo già fatto il pieno, per quel giorno. E poi c’era così tanta luce fuori che l’idea di infilarmi in un posto così buio l’avevo trovata uno spreco di risorse stagionali agli sgoccioli. Sapevo che però c’erano le collezioni di chitarre, di abiti di scena famosi, di reliquie ed ex-voti dei metallari, che erano posti meta di rockstar in cerca di alcolici senza limiti, addirittura mi immaginavo una sorta di museo delle cere o con Elvis e Jimi Hendrix imbalsamati e prodotti in serie. Una vera e propria americanata insomma e già sapevo che quindi, in vita mia, persa quell’occasione, non mi sarebbe più ripresentata. E magari chissà, la ragazza nuda con gli stivali rossi si stava recando proprio lì. Questo piccolo ricordo di un autunno a Firenze serve così per raccogliere tra di voi, che di certo sarete dei frequentatori abituali di questa catena di emozioni forti e trasgressive in franchising, qualche testimonianza dei migliori Hard Rock Cafè della vostra vita.
Niente, mai stato.
Poche cose più deprimenti delle magliette degli hard rock.
Quanto a Miss Stivale Rosso, mai vista.
In effetti mi rendo conto che questo commento non aggiunge praticamente nulla al tuo pezzo, userò quindi gli ultimi caratteri per dirti che potevi almeno mandare un segnale, un caffè l’avremmo potuto pure pigliare insieme, magari alle Giubbe Rosse.
Io, che abito a Firenze, dentro quell’Hard Rock Cafè ci sono stata solo una volta e perchè ero con amici “forestieri” che avevano l’impellente bisogno di entrarci. Non so come mai non mi ispira, anche perchè ogni volta che devo visitare una capitale sulla mia agenda c’è sempre la voce “Visitare HRC+comprare spilletta”. Forse perchè trovo assurdo che abbiano buttato giù un bellissimo cinema per farci uno shop.
Io pure non ci sono mai stata…fondiamo un club?
Mi tessero al club di chi non.
Nell’ottantotto a Magalluf, credo si scriva così, Mallorca e eravamo già ubriachi quando siamo entrati; per sciocca adolescenza, falsa e stupida innocenza, continenza, vuoto mito americano di terza mano, disse uno.
magari ti chiamo se ho bisogno di una mano a gettare con rabbia i disegni giù da Ponte Vecchio
e chissà se almeno ci suonano dal vivo oppure no
affare fatto 😀
è ancora disponibile la posizione di segreteria organizzativa se interessa
ma quello lì potrebbe fondare un franchising delle osterie di fuori porta
Ci sono entrata una volta, a Montreal. Se lo devi fare non farlo in Italia, non so, mi pare finto, ma anche in Canada era abbastanza finto. Insomma una sala giochi
ma hai la maglietta?
No.
Sì, quello sì. Dei miei amici per esempio sono stati chiamati a suonare un paio di volte, dato che hanno una cover band dei Queen.
unico Ciccio Graziani