Gli ho solo fatto notare che può essere pericoloso mettere a confronto due così, con quella patina di opacità che tendenzialmente favorisce lo starsene in piedi indifferenti a osservare il resto che si muove, consapevoli che in quell’insieme di cose ci sono anche parti della propria vita. L’opacità caliginosa induce a starsene rannicchiati su sé stessi e raramente c’è bisogno di investire il prossimo della propria fiducia, confrontarsi, mettere a repentaglio vite altrui con quell’indecifrabilità comportamentale che, come dice la definizione stessa, non c’è nemmeno il caso di spiegarla. Due mondi che non si parlano alla fine restano due dimensioni divergenti che un tempo condividevano anche uno stesso punto, ma se ne sono dimenticati e ogni sforzo per prolungare quel ponte di collegamento tra i loro destini è un’opera destinata al fallimento. Nessuna sostanza emotiva è così elastica da tendere all’infinito, prima o poi ogni fibra si spezza tanto diventa sottile e tutte le parole che erano in transito, nell’una o nell’altra direzione, cadono giù. Due così, gli ho detto, devono starsene alla larga perché le persone che si danno risposte nei loro standard non hanno granché voglia di cambiarsi.
Più che altro, parlando due lingue diverse, è difficile capirsi davvero. Mi piace un sacco il concetto “nessuna sostanza emotiva è così elastica da tendere all’infinito”… ma io sono solo uno di quelli che considerano l’amore come una sorta di esperanto sempre valido. Mah!
Buona giornata!
speriamo abbia maggior fortuna dell’esperanto, allora. Alla peggio, un po’ di inglese consente di farci capire almeno nei sentimenti base. Grazie.