Il posto in cui nasci dilata inevitabilmente la prossimità con certe situazioni, magari non sempre rischiose ma diciamo quelle in cui si fa più fatica. Ma hanno ragione anche quelli che sostengono che i luoghi e gli ambienti della geografia umana sono tutti mentali. Città, periferia, campagna, mare, monti, lago, bassifondi, Parco della Vittoria, sono solo come il posto in cui ci sentiamo appartenere, quello dove sosteniamo avere ancora le radici, ciò da cui fuggiamo per poi ricrearlo ovunque e giustificarci dicendo che è naturale. Naturale coltivare i pomodori sotto i piloni dei viadotti della tangenziale perché lo si faceva anche al paesello, naturale imporsi come taglieggiatore in una nuova scuola dopo che si è stati espulsi da quella precedente con lo stesso motivo, naturale stendere i panni sulla via del centro che non ha mica lo stesso passaggio dell’aia all’ingresso della cascina.
Le coordinate terrestri sono assegnate random prima di essere abbandonati con tanto di anima nuova di zecca da qualche parte sul globo terracqueo, ed è lì che cominciano i veri guai. Io che non mi posso certo lamentare, osservo con rammarico il percorso di cui mia figlia è stata provvista, una di quelle dotazioni entry-level completamente priva di optional, a cui a fatica mamma e papà stanno provvedendo. Siamo sempre dietro a investire in cose che il posto in cui è nata non offre. Una scuola in grado di stimolarla, attività per crescere mente e corpo sani, passioni e interessi sempre da stanare negli anfratti della società che nella maggior parte dei casi sono organizzate maluccio, che se fosse per lei, la società intendo, ti vorrebbe sempre nel tempo libero nel cortile dell’oratorio o al parchetto, preda di coetanei con gli ormoni a palla che sputano intorno per marcare il territorio che, a dirla tutta, possono pure tenerselo.
Certo, poteva andare peggio. La provincia depressa da cui vengo io, per esempio, quella in cui sono nato, dove i bambini facevano la cresima con i jeans e si raccontavano del figlio della entreneuse da outdoor – avete capito cosa intendo – che aveva sorpreso il suo prof di matematica tra i clienti della madre. Poi, da quando hanno aperto negli anni novanta il primo centro commerciale, in ritardo rispetto alle altre regioni del nord che hanno più spazi pianeggianti, in molti li vedi lì a riempire scaffali di prodotti in scatola o a servire caffè ai rappresentati di prodotti per la grande distribuzione.
Ora, come sapete, invece vivo nei pressi di Milano, quello che tutti chiamano hinterland, e lavoro in centro. Quando percorro quei tre o quattro isolati della metropoli che separano la fermata del treno dal mio ufficio e osservo i genitori che accompagnano i loro figli nelle scuole di quartiere, che è un quartiere di Milano centro, penso che vedere cose diverse da quelle che vedo io, nel posto dove vivo, è già una bella fortuna. Io vedo un muretto tutto scarabocchiato da sedicenti writers che sarei curioso di conoscere i loro punteggi nelle materie letterarie e di fronte un campo che prima o poi sarà costruito. C’è una gru smontata ormai da un anno ma poi qualcosa si dev’essere inceppato. Il costruttore in potenza sarà fallito o chissà cosa. Ma non è tanto quello. Il campo è transennato tutto intorno da tubi innocenti arrugginiti, sui quali è posato uno di quei reticolati arancioni a maglie larghe in plastica, probabilmente ha un nome tecnico ma non lo conosco. Il campo verde e marrone, un classico dell’incuria padana, con intorno il reticolato messo però in modo approssimativo, un po’ fuori e un po’ dentro i pali, complici anche le intemperie dell’inverno ma nessuno che sia venuto a toglierlo o a sistemarlo. Il reticolato di plastica arancione è lì che svolazza, ogni mattino.
Mia figlia è nata qui, nel paese della gru abbandonata e del reticolato di plastica arancione dimenticato. Frequenterà una scuola mediocre, avrà amicizie dozzinali e niente. Sembra che non ci siano grandi margini di miglioramento.
Hai scritto una frase, questa: siamo sempre dietro a investire in cose che il posto in cui è nata non offre.
E fa tutta la differenza, ne sono certa, avere genitori attenti e generosi di pensieri e di stimoli è un’immensa grandezza che fa vedere molto al di là di ciò che ti circonda.
Un abbraccio Plus!
Mi associo a Miss Fletcher. Le persone che ci circondano e il nostro carattere e la nostra volontà fanno molto di più della gru abbandonata. Anzi, forse proprio quella gru le farà venire voglia di un mondo migliore e sono sicuro che riuscirà ad averlo. Stai su plus1gmt!
grazie, purtroppo ci tocca essere realisti e accontentarci, ma dove possiamo interveniamo
su in cima alla gru 😉 grazie per la solidarietà