L’unico album uscito per una major con il mio nome stampato sul booklet e anche una parte di miei ringraziamenti personali, che poi è una delle cose che inorgogliscono di più del pubblicare un cd, si intitola “La memoria”, disco a cui è seguito un omonimo “La memoria Tour” che, al di là del flop che ne è derivato – non è facile il mestiere dei gruppi sconosciuti – ha un nome decisamente evocativo. Per dire, lo scorso luglio ho fatto un mio personale “La memoria Tour” nella città in cui ho vissuto prima di trasferirmi a Milano, che è poi la stessa che ha dato i natali alla band in cui militavo.
Nel senso che ho trascorso un paio di giorni in compagnia di una coppia di amici con i quali ho voluto ripercorrere prevalentemente a piedi le strade e i luoghi che frequentavo allora e che non vedevo da dieci, quindici, vent’anni. Al di là della bellissima e commovente – nel vero senso della parola – esperienza, qualche giorno fa pensavo a quanto costituisca una fortuna avere il passato così a portata di mano, nel mio caso a un paio d’ore di automobile da casa. Quello che mi separava dalla possibilità di ricostruire una mappa di ricordi ma anche una mappa mentale vera e propria di vie, creuze, scalinate, passaggi e edifici, era davvero vicino e facilmente raggiungibile. Ma sapete com’è, ed è quello che mi ripeto sempre, come voi. Ci sono sempre mille cose da fare e il superfluo anche se è corroborante resta sempre agli ultimi posti delle priorità.
Comunque l’aver restaurato una parte della mia memoria mi ha fatto anche riflettere sull’impressione che abbiamo quando godiamo di persone, cose ed esperienze nella loro assenza perché l’averle vissute è così breve e totalizzante che non te ne rendi conto fino a quando non ci sono più (le persone), si sono rotte (le cose, ma anche le persone), sono finite (le esperienze, e anche le persone ma in altri contesti). Non lo dico solo io, sappiamo tutti che è un punto di vista centrale del nostro divenire.
Così se l’esperienza non si prova, e magari si è consapevoli che non potrà mai più verificarsi, la nostra delusione è duplice perché prima ci beavamo della sua assenza dal momento che le percentuali di poterla ripetere erano comunque a nostro favore. Un esempio? Ieri è stato il primo giorno di scuola di mia figlia in quinta, ovvero l’ultimo primo giorno di scuola elementare. Ero consapevole di ciò, per questo ero pronto ad assimilarne ogni istante in modo da portarmi a casa più sensazioni possibili, come del resto mia moglie. Poi è successo che mia figlia si vergognava della presenza di entrambi, come biasimarla, oramai è grandicella, così uno dei due genitori – il genitore 2, come si usa dire oggi, che nel nostro caso sarei poi io – si è dovuto sacrificare andandosene. E come potete immaginare non l’ho presa mica bene, sono andato in tilt per tutto il giorno anche se di per sé la cosa non è che oggettivamente abbia tutto questo valore emotivo. Posso immaginare la bambina che saluta le compagne, le maestre che invitano tutti a salire nelle classi, il discorso programmatico con i vari ostacoli che i tagli all’istruzione causano all’educazione dei nostri figli e poi tutti fuori. Le mamme casalinghe a bere il caffè di bentornato, le altre e i pochi papà ai rispettivi posti di lavoro, lo so che è un po’ sessista questa descrizione approssimativa ma da me è così.
Così potremo, un giorno fra dieci anni, per esempio, fare un Memoria Tour anche in questi spazi che abbiamo condiviso con nostra figlia, magari le scuole pubbliche non esisteranno più e i templi dell’istruzione obbligatoria saranno magazzini desueti ricettacoli di macchinari rotti. Che potrebbe essere anche un’esperienza interessante per chi, come me, è appassionato di archeologia della democrazia. Ma non ci sarà cosa più struggente, e vi giuro che solo a pensarla mi si inumidiscono gli occhi, di fare le vacanze tra vent’anni, quando nostra figlia sarà chissà dove, magari in Germania a svolgere il suo lavoro di neurochirurgo, negli stessi luoghi in cui mia moglie ed io le abbiamo fatte con lei piccola. Poi non so dirvi se abbia senso che la vita sia un monumento mai finito, una sorta di fabbrica del Duomo, un mausoleo delle cose del passato che inevitabilmente sottrae terreno edificabile al presente e al futuro. Senza futuro non ci saranno più aneddoti, ma questa è davvero la conseguenza meno grave di tutte le altre che è meglio omettere. E non credo che accadrà mai, ma potrei comunque scriverci su qualcosa.
La memoria a volte gioca anche brutti scherzi però
Lunedì costruiremo la memoria del primo giorno di elementari di mia figlia che proprio orq sta giocando alla scuola con sui padre. Spero sia un bel ricordo per tutti e tre
ah, il tempo carogna che ti fa dire ” Al di là della bellissima e commovente – nel vero senso della parola – esperienza… “. l’avresti fatto a vent’anni? auguri per la bimba in quinta. in men che non si dica te la ritroverai venticinquenne, credimi…
registra tutto! Hai registrato tutto?
Stai calma. Che già sembra una tredicenne.
Fotografato tutto.
crescono, eh sì…
aspetto il servizio fotografico su FB