Valigia Blu, “Il partito di Breivik non esiste e non ha vinto le elezioni in Norvegia”: Nel paese scandinavo non ha vinto l’estrema destra come certi media italiani sostengono: le elezioni sono andate in maniera molto diversa.
Gente di passaggio, “La principessa azzurra”: Quando ero piccolo e per svago o questioni più serie dovevamo andare, spostarci da qualche parte, la mia famiglia saliva sull’utilitaria azzurra dal nome tedesco, Prinz. Principessa di un regno che stava aldilà del Brennero, quello di NSU.
The New Yorker, “The Clash Think Inside the Box”: From the beginning, The Clash was a study in contradictions: a breathtakingly aerodynamic band that became one of rock and roll’s most self-indulgent outfits; punks who were never quite punk; a legitimate exercise in rebellion that was, at the same time, a calculated corporate construction. Even the group’s famous slogan, “The Only Band That Matters,” was originally a record-company tag line. Now, decades after their dissolution, Mick Jones, the late Joe Strummer, and company return to the public consciousness with an object that sums it all up: “Sound System,” a boxed set, designed by the band’s bassist Paul Simonon, which looks like an old boom box and contains a dizzying wealth of media.
oglaroon, “Essere se stessi”: Certo, non è più quella che mangiava le pappe in bilico sul bracciolo del seggiolone – ma solo perché il seggiolone non c’ è più da un pezzo. E ha perfino imparato a stare seduta mentre fa i compiti. Solo che i compiti non li fa: ritaglia, incolla, accartoccia, disegna, si mette gli auricolari, si toglie gli auricolari, cambia penna, apre il quaderno sbagliato, lancia un dado, parla col suo pupazzo preferito. Ogni angolo della casa, ogni libro, ogni mensola, porta tracce del suo passaggio – un disegno, un origami, un bracciale, un minuscolo vasetto pieno di palline di cioccolato che con santa pazienza ha tirato fuori dallo yogurt con palline di cioccolato che mi ha chiesto di comprarle.
Nuovo e utile, “Metodo 47: errori, mancanze, omissioni, lacune e refusi”: Questo post parla di errori, di vuoti e di rotture. Sembrerebbe tutta roba da evitare a ogni costo. Eppure, la mancanza in tutte le sue forme può essere fertile, e l’errore può essere fortunato. È un’idea affine alla cultura anglosassone – che valorizza l’approccio empirico e sperimentale – più che alla nostra, per la quale sbagliare è… sbagliato. Tanto che, per non sbagliare, spesso si rinuncia perfino a provare.
mazzetta, “La fiera delle bufale sull’undici settembre”: Forse un giorno qualcuno proverà a immergersi e sistematizzare con criterio l’enorme mole di storie messe insieme dai portabandiera delle versioni alternative della storia del 9/11, anche se quella che dovrà affrontare sarà una quantità impressionante di storie e fantasie, tale da togliere la voglia a chi non sia davvero molto determinato.
Il grande marziano, “Femen, ovvero la tetta è il mezzo o il messaggio?”: Non si può non osservare che i loro sono veri e propri show e, anche se talvolta vengono realizzati – bisogna ammetterlo – in condizioni estreme e dunque difficili e non prive di rischi e di conseguenze, non possono essere considerate vere e proprie proteste, in quanto l’ostentazione e reiterazione inalterata delle modalità, quelle di esporre il seno nudo e slogan dipinti sul corpo, dà origine almeno a due contraddizioni forti.
Canzone del giorno
Eagulls – Nerve Endings