Puoi stare certa che alla fine ci saranno i titoli di coda che ci consentiranno un bel respiro di sollievo, magari con i blooper come usano adesso, di te che provi due o tre volte la scena dell’incidente d’auto prima che venga bene senza stuntman al tuo posto, con la macchina cappottata e tu illesa per miracolo. Poi sai che nei film autobiografici non è che se nella tua vita ripeti metodicamente un errore occorre riproporlo tutte le volte che è successo, no? Quindi la scena dei deliri da alcolista in un un’ora e rotti di storia il regista l’ha prevista solo un paio di volte perché tu in realtà non è che potevi berti tutta quella roba, che ti fa pure la nausea. Insomma alla fine, quando ancora si sente la sigla di chiusura che nemmeno so più che musica ti piace ma facciamo finta che sei rimasta a quando ti compravi i dischi di Bowie, ci metterei qualcosa di suo, un pezzo struggente ma occorre fare attenzione perché le canzoni di Bowie sono state usate a profusione nel cinema. Ed è facile ripensare subito a Cristiana F. Dicevo alla fine della proiezione anche se ci sono quelli fanatici che vogliono leggere persino chi era l’assistente al catering, non ti fare problemi tanto non ti vede nessuno e puoi già andare a togliere il trucco da bipolare nei camerini, quello che ti fa gli occhi da folle, la faccia rossa e sudata, i denti grigi. E davvero poi cambia tutto, hai indietro la tua vita che non è quella del film di cui sei stata protagonista ma è un’altra. Con un lavoro che non è servire 10 ore al giorno in un ristorante in un posto dove sembra che i turisti affamati non smettano mai. Con un corpo che non è quello con tutti quei chili in eccesso che ti porti dietro sempre più faticosamente ma fin da bambina. Magari con un uomo al tuo fianco, una famiglia tutta tua, una testa libera di pensare che c’è un domani in cui al massimo sono previste repliche ma che poi, come ogni spettacolo, finiscono così. Nella sala viene completamente buio, escono tutti e fuori c’è ancora un po’ di luce e non è nemmeno domenica.
credo ci siano poche cose più aspre e scabre della busta di plastica che Christiane si porta dietro nel film, e la rassegnazione degli occhi bambini di Detlef
desolazione d’altri tempi