Quelli affetti da poveraccismo, che è una delle piaghe sociali verso le quali è più difficile rimanere indenni, li sgami subito in montagna. Vi chiederete come faccia a saperlo. Che domande. Quelli come me partono con il doppio della roba da vestire anche per soggiorni brevi, di una settimana, perché in montagna non si sa mai a che tempo si va incontro. Troppo caldo, caldo, normale, freddo, troppo freddo. E spesso tutto in un’unica giornata. Questo è il bello della montagna. Se non sei sulle Dolomiti corri il rischio di annoiarti, ma se in un giorno passi attraverso tutte le combinazioni climatiche che in città vedresti almeno in un paio di stagioni come minimo la cosa si fa divertente. La montagna è imprevedibile. Quindi quelli affetti da poveraccismo come me partono con il doppio della roba perché possono aver bisogno sia dell’abbigliamento leggero e disimpegnato che di indumenti da settimana bianca. Avranno quindi con sè una valigia per la roba tardo-invernale e una per quella proto-estiva. Gli appassionati delle vette più facoltosi invece possono permettere quei capi di tessuto “tennico” e miracoloso che tengono caldo quando fa freddo, non fanno sudare se c’è il sole a picco, mantengono temperature costanti in caso di temperatura costante fuori, comportandosi in un modo neutrale che non ha paragoni. Nessuno sa chi tesse quei vestiti degli dei e chi li commercia, fermo restando che magari trovi anche dei negozi che li mettono in vetrina ma hanno la buona creanza di non scriverne il prezzo, rendendoteli ancora più agognati. Che poi a me l’abbigliamento “tennico” mi è sempre stato qui, e in tutti i contesti. A partire dai motociciclisti che sembrano adepti del culto di Batman, ma gli addetti ai lavori mi ricordano che quella specie di guaina ti protegge dagli scorticamenti con i tessuti comuni in caso di caduta. Ok, mi avete convinto. In montagna invece è diverso, se vedi le foto degli alpinisti del tempo che fu nessuno sembra uscito da Star Trek come oggi. Abiti scozzesi, a rombi, velluti, cappelli con visiera e pipa. No, quella l’aveva solo Pertini a Selva di Val Gardena. Ma è difficile eguagliare un livello di eleganza così elevato, e non c’è completo coordinato che tenga. L’ultimo anello della catena sono i poveracci, quelli come me, con i golfini dell’ufficio sotto il pile del Decathlon sotto il k-way delle gite dell’oratorio, che i ricchi hanno il potere d’acquisto di sintetizzare un un’unica giacca da migliaia di euro, probabilmente da indossare con niente sotto.
Caro mio, la tecnologia si paga. Per questo vado al mare. Mi basta un costume e una maglietta. Giusto un maglionvino se piove… Poi c’é la valigia della bimba e qui si aprono nuovi fronti
Mi hai ricordato le favolose descrizioni di Paolo Villaggio: “Abbigliamento di Fantozzi/Abbigliamento di Filini”… scommetto che in valigia hai portato anche “il poncho di una tua zia ricca” 🙂
Già, alla fine Villaggio ci ha preso in pieno. Certe cose non me le posso permettere ma non lo voglio riconoscere a me stesso.