Una volta, senza pensare a quello che stavo facendo, ho accarezzato un gatto con il dorso della mano davanti a mia figlia. Era ancora molto piccola e forse si trattava di una delle prime volte in cui vedeva dal vero un animale e stava scoprendo il mondo degli esseri viventi in carne e ossa, a tratti più deludente di quello dei libri illustrati e dei mammiferi antropomorfi. Ai bambini rimane attaccato tutto, soprattutto nella fase delle nuove esperienze. Così si è avvicinata al gatto e si è comportata esattamente come suo padre, passando il dorso della mano sulla testa del felino, e mi sono accorto immediatamente dell’errore. Le ho trasmesso un modo parziale di manifestare i sentimenti, coccolare un animale con la sensibilità ridotta del retro delle dita e delle nocche rispetto alla superficie pensata per il tatto di cui siamo dotati, costituita dai polpastrelli e dal palmo. I gatti, ma anche gli umani, si accorgono della freddezza del contatto, perché è innaturale, è un modo di darsi non completo. Così ho cercato di rimediare alla gaffe educativa sforzandomi un po’, in effetti il gatto era un randagione e se agisco di impulso non è che sia a mio agio nella possibilità di sporcarmi le mani. Devo concentrarmi e convincermi che la parte anteriore delle mani è fatta per quello, sapete come funziona. Il pollice opponibile e tutto il resto, altrimenti saremmo retroversi e dubito che ci saremmo evoluti fino a qui. Pensavo a questo poco fa quando ho notato una ragazza che ha premuto il pulsante di apertura delle porte della metropolitana piegando l’indice e spingendo il bottone con la nocca che non so come si chiama, quella tra la prima e la seconda falange. Non ha voluto coinvolgere la sensibilità della punta delle dita, probabilmente pensando quanti altri lo fanno ogni giorno e a tutte le schifezze che possono essere in quei punti ad alto tasso di tangibilità pubblica. Così mi è venuta in mente un’altra stranezza che vedo spesso fare a mio padre ma che mi accorgo di essere pronto a ripetere se mi muovo sovrappensiero. Se mi devo appoggiare o cerco un aiuto per issarmi da seduto, per esempio sul piano di un tavolo, non faccio leva sul palmo ma ancora sull’esterno delle dita, come certe scimmie. E se ci rifletto come ora, mi sento sempre la pelle sui palmi in fibrillazione, come se fosse irritata. La sento pizzicare, forse per l’effetto del caldo e della circolazione. Il contatto con un materiale fresco può essere quindi piacevole, per questo è importante usare le membra per come sono state pensate. Con il gatto poi comunque è finita che ne abbiamo presi due in casa, le dita di mia figlia e le mie si comportano a dovere, e se resta qualche pelo appiccicato che importa. L’affetto lo si scambia stringendo bene le mani contro i corpi così passa dentro ed esce fuori, il superfluo se occorre lo lavi via e tutto torna come prima.
Bellissimo! E tu sei uno splendido osservatore, saper vedere i gesti della ragazza dell’ascensore e poi raccontare così…oltre a tutto il resto, meraviglia!
Io tocco ogni giorno, come ben sai anche tu che viaggi, maniglie, sedili, appoggiatesta, insomma, un mondo in cui tutti sono passati. Non porto con me disinfettante, mi rassegno all’inevitabile contagio, che quel che non ammazza ingrassa. Anche perché poi, vai a fare la spesa e spingi un carrello che mille mani hanno spinto. Ma insegnare ai propri figli a godere a pieno dei contatti, umani o animali che siano, è buona cosa. Ecco, magari poi si lavano le mani
Mi hai fatto venire in mente una tizia che viaggiava con un telo da mettere sul sedile del treno e mi sono sempre chiesto come facesse a distinguere la parte da tenere pulita su cui sedersi dall’altra.