Era un periodo in cui li trovavi tutti su Blob, ogni sera su Rai Tre. Cambiavi canale e tra il meglio del peggio della tv che aveva pezzi da novanta come Sandra Milo e Alba Parietti passavano rapidi tagli con le persone con cui avevi bevuto una birra la sera prima. Anche uno dei soci della software house in cui lavoravo come programmatore aveva avuto un cammeo, una volta, tutti dicevano che era un artista ma io, a dirla tutta, non gli avrei dato due lire. Un altro che faceva mostre con ritagli da riviste porno, particolari molto espliciti, anche lui era stato trasmesso. Pure quel video off in cui passavano in rassegna nottambuli sbevazzoni che non avevano di meglio da fare che pisciare nel buio contro i muri dei vicoli, o nei portoni, rei di atti scemi in luogo pubblico ignari di essere ripresi da un occhio attento e un nastro affidabile. Il gruppo di raggamuffin in dialetto che sfrecciava in ape sulla sopraelevata. Avevo persino mangiato un ottimo minestrone a casa del più geniale di tutti, suonava la tromba e la chitarra e si esercitava anche davanti ai fornelli. Lui e il suo gruppo avevano persino composto la musica per lo spot di una delle birre industriali più conosciute, e i video dei loro brani erano montaggi autoprodotti con disegni animati in bianco e nero degli albori del cinema che tra i ritagli o come sigla finale non mancavano mai. Una volta mi sono visto di spalle, non in una delle riprese delle varie feste di africani e italiani che ballavano insieme, ma tra il pubblico di un cantante con cui poi sono finito a dividere il palco, quando ormai aveva tutte le caratteristiche di una vecchia gloria, uno che ha perso il treno. Ma dev’essere andata proprio così. Ci sembrava davvero di abitare nel posto più all’avanguardia del mondo, poi non so cos’è successo ma sono andati tutti via.
ciao, sono lo sporadico commentatore che condivide con te alcuni stralci di biografia (Guazzotti_savona, Giustiniani, espatrio_milano, concorso scuola, etc). Capita anche a me di ripensare alla Genova di quegli anni tra fine 80 e inizio 90, tra l’occupazione dell’Officina nell’88 e poi la Pantera e le Cappe Rosse, la Torti, Ceccon, Quadrelli, il Castello, GigiPicetti e Ash e Mash, fino all’esplosione della ‘movida’ di massa intorno al 93-94.
Eppure non riesco a non pensare che, nella sua rovina postindustriale, Genova abbia ancora una volta anticipato quel che accadde poi in tutto il paese. Tra i 60 e i 70, la grigia Genova operaia dell’Italsider e dell’Ansaldo (che era ancora la Genova di Caproni e di Montale) generò la più bella fetta dell’intero star system musicale italiano, da De André ai Ricchi e poveri, da Fossati ai Matia Bazar, da Alloisio fino a Sabrina Salerno. Le nostre “avanguardie” degli anni 90, nate all’ombra delle Colombiane e della società liquida, invece, alla fine hanno prodotto solo una generazione di comici di Zelig e Colorado Cafè.
ciao sporadico commentatore, i nomi che hai scritto li ricordo tutti e ripensandoci mi hanno fatto venire un bel po’ di nostalgia. Ho vissuto Genova molto da vicino in fasi diverse: gli anni dello psycho club di Miggiano a metà ’80, poi la rivoluzione delle colombiane al seguito delle varie formazioni di Quadrelli e mr. Puma (con cui ho avuto l’onore di suonare), fino agli strascichi della movida a fine 90 seguita alla facoltà di architettura nel centro storico, dopodiché mi sono trasferito. Ho trascorso fasi della mia vita a Genova con persone e spirito diverso. Sono d’accordo con te, comunque, e la mia amarezza deriva proprio da lì. Alcune personalità geniali finite tra le cosce di Colorado Cafè mi hanno fatto riflettere ma in generale sull’Italia, voglio dire ovunque è successo così con le tv commerciali che hanno cannibalizzato le idee più innovative. Io davvero mi sentivo in una metropoli, figurati poi venendo dalla Savona di Guazzotti, ora vivo a Milano che probabilmente è avanti o lo è stata per altre cose, ma il picco di quel periodo culturale che Genova ha attraversato è secondo solo alla Bologna degli anni 70 e poche altre. Grazie per dedicarmi attenzione, comunque.