L’ultimo anno, ti parlo di almeno tre o quattro anni fa, l’ho passato a cercare il gruppo perfetto. Mettevo annunci e rispondevo a inserzioni sui siti dedicati perché ero consapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta in cui avrei potuto suonare con una band emergente prima di svalicare verso i sommersi, quelli che non hanno pudore nel condividere la sala prove contemporaneamente con membri i cui genitori sono loro coetanei o si ritrovano in band di cover della musica del passato di generazioni più vecchie delle loro. Che poi non ho mai capito se è perché ci sono musicisti vecchi dentro comunque anche quando sono giovani, come quei ragazzi di paese di una volta che trascorrevano il tempo al bar con il nonno o il papà e i loro amici e finivano per vestirsi da adulti, bere vino e fumare sigarette con ampio anticipo e ad avere gusti di altri tempi, parlare di star del cinema degli anni 50 per esempio, Lana Turner o Katharine Hepburn che comunque, quando ero ragazzo io, non appartenevano quasi più nemmeno alle generazioni prossime alla mia.
Comunque ti dicevo che cercavo il gruppo perfetto che è una cosa difficile da spiegare ma ci provo lo spesso. Doveva essere un gruppo già avviato e intenzionato a virare verso una matrice più elettronica il proprio suono elettrico. Ne avevo le tasche piene di partire da capo, di comporre e arrangiare, di scendere a compromessi stilistici, di convincere gli altri a fidarsi del mio gusto. Avevo come principale elemento ispiratore i Tv on the Radio e ogni volta che mi arrivava un link o un mp3 in ascolto e in valutazione lo aprivo gonfio di aspettativa confidando nel fatto che fosse la volta buona. Ma poi il pezzo o il video su youtube partiva e non era difficile individuare gli elementi che mi avrebbero spinto a chiudere il file rinunciando già alla fine del primo ritornello. Il livello tecnico, la rigida osservanza di un cliché di italiani che vogliono fare gli inglesi, l’effetto gatta morta della voce con il cantato tendente al parlato o, al contrario, melodie fedeli all’armonia sotto come automobiline comandate su una pista giocattolo. E se non erano questi, i contro, c’erano le facce, l’abbigliamento, le pose e le posture, lo smaccato provincialismo, l’età media, l’ubicazione geografica e via dicendo. Cercavo canzoni come quelle dei dischi che scaricavo a tonnellate, mi dicevo che se ci sono migliaia di gruppi di un livello che ritenevo soddisfacente, uno mi sarebbe capitato a tiro prima o poi. Perché non è come per altre scelte per le quali scrivi su un foglio i lati positivi e quelli negativi e poi calcoli la differenza di peso. Quando decidi che ti rimane solo un’ultima possibilità il computo finale dev’essere cento a zero. Si tratta di un’impresa che ritenevo impossibile in partenza, sapevo che avrei fallito e così è stato. Il gruppo perfetto in cerca di un addetto alle macchine e ai sintetizzatori non è mai esistito o, se c’è stato, non me ne sono accorto in tempo.