Io il 25 aprile del 2013 me lo immaginavo diverso. Speravo potessimo festeggiarlo liberi da un certo modo di fare politica, anzi di non farla. Liberi dagli umori della gente in piazza e di quella dei social network che cercano di ovviare la democrazia parlamentare amplificati dai media che confondono mode con maggioranze. Libera dai grillismi di ogni colore e da quelli che sembrano trasparenti. Liberi dai renzismi che vivono nei discorsi dove senti categorie allacciarsi l’una all’altra sull’onda di una boria priva di consonanti ancorché priva di logica. Che è la versione due punto zero della grande chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa passando per Malcom X e così via. E tutti sotto a ballare il grande sogno dove tutto è sintetizzabile in una sorta di QR code globale, utile per ogni occasione. Per la sburocratizzazione come per le blogger iraniane. Insomma, mai avremmo pensato di trascorrerlo nell’ansia di un governo Letta, sotto scacco del PDL che alza la posta tanto non ha nulla da perdere. Perché di quello di cui è vent’anni che ci dovremmo liberare non siamo ancora liberi e tutto per colpa nostra. Lasciamo allora la festa in sé libera da tutto, e che per una volta sia solo il compleanno della libertà, la madre di tutto il resto.
“Mamma, lo sai che giorno é oggi? É la Liberazione. Perché c’erano o tedeschi che volevano prendere l’Italia e gli americani li hanno manati via”.
“Si, amore, ma c’erano anche i fascisti e i partigiani che rtano tutti italiani e…”
..e la faccenda si complica