facce da culto

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A me più che il culto della personalità disturba il culto della faccia. Se poi è un faccione un po’ paciarotto, che è un termine che si usa da queste parti per essere personalmente corretti con le persone diversamente magre, il fastidio è doppio. Ma non perché ce l’ho con gli obesi. È che spesso non rispettano alcune linee guida a cui è importante attenersi quando si fa un ritratto. Lo spazio intorno tra il viso e i bordi della foto è ridotto ai minimi termini quando è ritratto uno con il faccione. Poi mettici la barba e i capelli arruffati che azzerano l’aria sopra e sotto, il volume aumenta e l’impatto sulla capacità di sopportazione è ancora più forte. A questo, nel caso del culto della faccia, si aggiunge il vedere la faccia da tutte le parti. L’onnipresenza del faccione sui simboli di partito, sui profili Facebook degli adepti al culto del faccione, nei servizi ai tiggì perché il faccione non vuole partecipare dal vivo ma finisce che ogni due per tre si manifesta come un fotogramma subliminale che qualcuno mette in mezzo ai film e ai programmi per i più deboli di opinione. Tutto questo genera sovraesposizione ma di quel tipo che non te ne accorgi subito. Perché all’inizio è un fenomeno folcloristico e ne abbiamo avuti a bizzeffe in tutti questi anni, pensateci un po’. All’inizio ridevamo del Bossi e dei suo sproloqui, ridevamo di Berlusconi e delle sue bausciate, ce ne stavamo divertiti al sicuro della nostra democrazia finché le loro facce emiparetiche e rifatte a botte di migliaia di euro hanno iniziato a essere parte integrante della nostra vita perché delegate a rappresentarci a noi stessi, all’Europa e al mondo. Oggi è tempo di nuovi faccioni i cui lineamenti si sono sedimentati su milioni di persone pronte a vibrare agli ordini dell’ennesimo uomo forte e miliardario di cui il faccione è l’apoteosi, nella prossemica dell’atto del proferire la cosa intelligente, che poi sotto sotto nasconde una comanda. Fate così e fate cosà. Nel frattempo il faccione è entrato nelle nostre case, lo vediamo in tutte le salse ma sempre in differita, si è installato come un virus nei nostri dispositivi che adoperiamo per informarci e chissà, ci vorranno altri vent’anni per eliminarne le tracce. Voglio dire, almeno la scorsa volta tra il mascellone e Berlusconi ci hanno lasciato mezzo secolo di respiro e tutto il tempo per riavviare il sistema. Oggi leggevo che un paese che rischia che uno come Grillo prenda il sopravvento in un modo fintamente democratico è un paese che si merita che uno come Grillo prenda il sopravvento in un modo fintamente democratico. Così ho pensato a una classe della scuola primaria o come si chiamerà tra dieci anni, la maestra in piedi che spiega agli alunni, sulla parete dietro la cattedra il ritratto di Casaleggio. Un’altra bella faccia da culto.

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