Il mimino che può capitarci, a quelli come me e come voi – e ho usato proprio la prima persona plurale a sottolineare quanto vi senta vicini e per questo auspichi in una incondizionata e mutua solidarietà – è di fare gli straordinari. Ora non stiamo a sottilizzare se pagati o meno, perché non è questo il punto. Mi riferisco infatti a quel tempo extra che dedichiamo alla nostra vita professionale ma nella nostra testa e fuori dall’orario di lavoro. Con un picco nei giorni di maggiore stress o di iperproduttività. Ma erroneamente ho parlato di giorni perché, da svegli, comunque una distrazione in questa o quell’attività riusciamo a trovarla. È durante la notte, infatti, che la nostra mente veste gli abiti da lavoro e dà il meglio di sé. Tanto che poi, dopo aver macinato preoccupazioni durante il sonno o in quello stato di dormiveglia che l’ansia ci concede, ecco che gli occhi si spalancano e ci chiediamo sbigottiti come tutto il resto della casa sia ancora in piena notte con tutto quel baccano che fanno i nostri pensieri. Come se dentro avessimo un impianto industriale attivo 24×7 e fosse necessario, per chi si trova lì a pochi passi, indossare l’abbigliamento e i dispositivi per la sicurezza fisica, compresi i para-orecchie a protezione dell’udito.
Nemmeno albeggia e siamo già in ufficio, abbiamo vivo e pulsante dentro di noi tutto il desktop del nostro pc come quei sistemi che si collegano da remoto e ti consentono di pilotare un computer altrui a distanza. Ma che cosa ci volete fare. Nella società del terziario avanzato che ora si chiama economia dei servizi, le parole più brutte che un individuo vorrebbe sentirsi dire sono “la scadenza è anticipata”, come se il mondo là fuori non si curasse delle più gravi calamità come l’imprevedibile visualizzazione di una e-mail in html a seconda del programma di posta elettronica in dotazione al destinatario e della versione dello stesso. Questioni di primaria importanza che rischiano di far slittare comunicazioni al cliente, campagne marketing, lanci di iniziative, il cui ritardo però – è bene ricordarlo – genera conseguenze sull’economia mondiale che però, per noi, probabilmente sono difficili da individuare. Certo, uno magari si è fatto tutti i suoi piani ma, che diamine, qualche pixel di disallineamento è un altro paio di maniche rispetto – che so – lasciare una pinza nello stomaco di una persona testé sottoposta a intervento chirurgico o mettere in produzione milioni di confezioni di un prodotto alimentare in cui si è aggiunta per errore soda caustica. E non oso pensare a come noi del marketing, in caso di responsabilità di siffatta portata, potremmo reagire se già con le nostre, di magagne, perdiamo il sonno e almeno già da tre ore prima della sveglia ci rigiriamo nel letto facendo mente locale su quale urgenza della giornata successiva dare la precedenza o come è bene comportarsi con il cliente taldeitali che – nemmeno fossimo dal salumiere – vuole uno sconto. Così poi ci troviamo in ufficio tutt’altro che riposati, con la consapevolezza che le ore in più in compagnia dell’angoscia non sono state per nulla produttive. Figuriamoci se retribuite.
Il minomo che ci puó capitare sta capitando proprio ora. Ma mica te lo dicono che lo straordinario notturno é associato ad un’iperattivitá gastrica che peggiora nel constatare che i colleghi mica li fanno gli straordinari. Non so se é un piacere sapere che anche tu fai lavoro notturno di ingranaggi cerebrali. Non sarebbe meglio condividere i piaceri invece dei dispiaceri?
In questo periodo mi sembra di non staccare mai. Complice anche la sveglia che mi danno i gatti, sempre più in anticipo ogni giorno che passa. E complice anche la cena della sera prima. Mi sto bombardando di tisane, speriamo che funzionino.
I gatti dormono in sala da anni. Dopo essermi svegliata con peli felini sulla faccia ho imparato ad estrometterli… ma la figlia non si può e lei è più mattiniera dei gatti