Provo a mettermi nei panni della nonnina che ha chiamato i Carabinieri e obiettivamente non riesco a darle torto, anche se di questi tempi il rapporto tra cittadini e divise ogni tanto ha dei momenti di ripensamento. It’s complicated, come si diceva su Facebook quando non esisteva ancora la versione in italiano. E questo perché ogni tanto – ma quando dicono che serve – il potere diventa l’apostrofo nero tra forze e dell’ordine se non addirittura la licenza poetica di vibrare manganelli sulle facce imberbi della rivolta studentesca. Qui nessuno protesta, però. Al massimo c’è un adolescente che fa lo scemo. E la nonnina fa il centodiciannove con il suo telefono salvalavita beghelli perché le sembra che il ragazzotto che sta in piedi si sia calato i pantaloni con i tasconi di fronte a due sue coetanee. Sue di lui. In pieno giorno e in un posto pubblico. Anzi, alla nonnina che è lì a far sgambettare i nipoti gemelli in questa tardiva estate di San Martino sembra che la parte anatomica lasciata scoperta sia proprio all’altezza dei visi butterati delle ragazze sedute di fronte sulla panchina. Dinanzi a tale violenza gratuita anziché chiedere aiuto a qualche presente pensa bene di rimettere tutto al giudizio delle autorità.
Che poi sembra una barzelletta. Anzi uno di quegli spot che facevano una volta i quotidiani per promuovere il peso dell’oggettività della notizia, che da vicino sembra una cosa – per esempio il punk tossico che corre per scippare la signora in pelliccia – e invece da lontano è un’altra – in realtà il punk era sì tossico ma in quel caso voleva solo spingerla fuori dalla traiettoria di un qualcosa di molto pesante che stava cadendo dritto sul suo cappellino con la piuma. Nel nostro caso il dolo non sussiste. Perché i Carabinieri hanno appurato che il ragazzo è solo un po’ sbruffone e non così esibizionista. Si tratta infatti solo di un caso di “fashion victimization” che probabilmente non vuol dire un cazzo ma sapete che mi piace inventarmi le qualità, comunque è quella cosa lì estrema. E l’imputato vestiva i pantaloni come li vestono i giovani d’oggi, poco sopra la zona pelvica, mettendo in bella mostra almeno tre quarti di biancheria intima.
Gli agenti quando arrivano si vede che stanno comunque sensibilmente dalla parte della paladina del buon gusto, e chi li biasima. Hanno accolto quel diversivo alla routine di un pomeriggio feriale di provincia senza nemmeno gli operatori circensi e il personale mobile associato da tenere sott’occhio – non siamo ancora a Natale – per trascorrere un quarto d’ora di puro impegno di quartiere. La nonnina non avrebbe nemmeno voluto scusarsi con il giovinastro per la figuraccia – che poi sono certo che le ragazzine edotte sui colori dell’underwear maschile twitteranno appena possibile la prodezza contribuendo in prima persona alla diffusione di quella fama – se non fosse che proprio mentre il giovane sta rimettendo il documento di identità nei tasconi passa proprio di lì suo padre, che è uno di quegli uomini che fanno uno dei pochi mestieri dove la prestanza fisica fa ancora la differenza, se devi spaccare e trasportare marmo.
All’uomo, che è accompagnato dal suo lavorante, cento chili abbondanti a testa, gli si dipinge sul viso segnato dall’ammazzacaffè lo shock di vedere l’adolescente incalzato dalla giustizia, e senza nemmeno accertarsi di quel che sta avvenendo gli molla un sganassone sulla guancia che il rumore fa volare via persino una coppia di gazze che erano lì nella loro bruttezza a perlustrare il parco alla ricerca di chissà che cosa. La pattuglia preferisce non intromettersi in quel momento di pedagogia di strada. Il più alto in grado è palesemente imbarazzato e fa un gesto a esprimere il concetto di fate pure, sono affari di famiglia, ubi maior minor cessat. Il ragazzo scoppia in lacrime per il dolore e per l’onta di esser stato trattato da bambino in pubblico. Il padre, messo al corrente dell’accaduto, non si ravvede per nulla sulla sua reazione preventiva, anzi rincara la dose a parole aromatizzate Nardini dicendo che se anziché bighellonare fosse a casa sui libri il figlio non rischierebbe nemmeno un equivoco come quello. Le ragazze si sono trasformate in due statue di gesso, seguono gli eventi inverosimili a bocca aperta, non se la sentono nemmeno di documentare il botta e risposta con i loro pollici da smartphone.
Ma è la nonnina a prendere in mano la situazione. Si avvicina al ragazzo e si mette a fare la nonna come fanno tutte le nonne. Un po’ l’ha presa male, in fondo senza la sua chiamata non sarebbe successo nulla, ma non lo vuole ammettere e gli fa notare che bisogno c’è di tenere i pantaloni giù così che sembra in mutande. Vedi come ci rimane male tuo papà se vai in giro conciato così. E nessuno sembra più preoccuparsi degli agenti che portano la mano verso la visiera. Non ottenendo risposta, si avviano per rientrare in caserma.