Ho appena letto una bella storia nel romanzo che mi accompagna in questi giorni, Giochi d’infanzia di Lynne Sharon Schwartz, si tratta di un episodio irrilevante nell’economia della trama ma ricco di significato, così ho pensato di approfondire. L’aneddoto racconta di una canzone di protesta scritta dal famoso cantautore argentino León Gieco dal titolo “Sólo le pido a Dios”, del quale la dittatura di Videla aveva vietato la pubblica esecuzione in concerto, pena la pubblica esecuzione di León Gieco stesso, come direbbe Caparezza. A quanto sostiene la scrittrice, succedeva che, durante i concerti, fosse sufficiente che il cantautore desse il primo attacco di chitarra perché tutto il pubblico la cantasse in sua vece, sollevandolo così dalla responsabilità di aver contravvenuto all’imposizione della dittatura. Un bell’esempio di sostegno a un artista, vero? Mi sono immaginato lo stadio pieno, il cordone di militari armati fino ai denti tutto intorno al pubblico, dei musicisti sul palco fermi e muti e sotto migliaia di persone che cantano al loro posto. Il popolo unito giammai sarà stonato, al limite sarà stato difficile tenerli tutti a tempo. Purtroppo non ho trovato riscontro della veridicità di questo fatto commovente, nemmeno nella pagina dedicata al pezzo del sito Antiwar Songs, comunque ricca di particolari e comprensiva di tutte le traduzioni di cui la canzone è stata oggetto e altri dettagli sulla sua fortuna. Qui sotto una versione live di Mercedes Sosa, eseguita e registrata senza alcun pericolo per la sua incolumità, credo.