al doppio di quello che prendevo prima, pensa un po’

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Appena entravi c’era appesa sulla parete di fronte all’ingresso una gigantografia di Saddam Hussein in primo piano che ti guardava dalla sua posizione di privilegio, pochi anni prima che diventasse un pericoloso latitante a livello mondiale. L’ebbrezza di qualche aperitivo buttato giù con l’obiettivo di ammazzare il tempo prima della festa ne amplificava l’effetto sorpresa e quello smarrimento che solo le cose fuori posto ti provocano. È raro trovare in un ambiente lavorativo elementi a elevato potenziale di urto verso la sensibilità altrui, anche se era evidente che non esistevano i presupposti di una ragione fondata per dedicare un intero muro portante a un dittatore straniero. Sfido inoltre che qualcuno degli invitati a quel party estemporaneo in agenzia potesse avere nozioni di politica internazionale tali da supportare una tesi in favore o contro un capo di stato così scomodo da idolatrare. Al limite poteva dare adito a una discussione su presupposti generici e basi infondate, ma nessuno avrebbe potuto provare dati alla mano che potesse sussistere un legame tra un discusso protagonista della questione mediorientale e una agenzia di comunicazione milanese. Bicchieri alla mano, invece, valeva tutto.

Già quell’effigie da propaganda elettorale superflua in un Paese distante da noi tanto quanto dalla democrazia rubava la scena al resto del loft, ai monitor abnormi che proiettavano slide show e grafica direttamente dal futuro del business, ai salatini lasciati a metà a macchiare di unto diagrammi di Gantt stampati su carta A4 nemmeno riciclata, alle copie di Wired in lingua originale con quei font che nessuno sapeva dove scaricare. Non era nemmeno il caso di togliersi le giacche di pelle usate, i vasistas di quel seminterrato erano tutti spalancati anche se vigeva già un antesignano divieto di non fumare, valido solo per le sigarette. Gli alcolici invece erano quasi terminati e per servirsi occorreva avvicinarsi alla postazione del dj, un cocopro che si dilettava nell’autoproduzione di drum’n’bass ma che in occasione della festa aziendale aveva accettato un compromesso con una scaletta più ordinaria.

Era difficile trovare facce conosciute a parte i due ex colleghi che avevano esteso l’invito più come ripicca verso il passato trascorso insieme che come carineria per tenere vivi i rapporti. Un project manager raccontava a un gruppetto di finti interessati le fasi cruciali di un case history, e gli era facile perché si passava da una mano all’altra una prova tangibile che conferiva la sicurezza del fatturato, lì in mezzo a una produzione tutta virtuale. Tre ragazzi molto più giovani degli altri lanciavano freccette contro un bersaglio realizzato per una campagna marketing ancora da finalizzare, quelle che restano con i brand inventati che però, con i non addetti ai lavori, riscuotono comunque attenzione e attirano curiosità. Fai centro con l’e-commerce, diceva il claim, e su ogni freccetta c’era un must per mettere a punto una strategia on-line efficace. Lì sotto però il mio cellulare prendeva poco, un fattore determinante se si aspetta una chiamata. Solo nei pressi del bagno sembrava esserci un po’ più di campo. Mentre controllavo le tacche sul display, una ragazza ha salutato uno dei soci, uno molto più grande di lei, con un veloce bacio sulla bocca e quasi è fuggita, tenendo una cartellina di plastica verde trasparente sotto braccio. Così lo finisco e domani possiamo portarlo in riunione, gli ha detto uscendo. C’era anche un cane di taglia media e di razza indecifrabile, sdraiato sotto una delle scrivanie più piccole. Ogni tanto tirava su il muso per assicurarsi che nessuno sporgesse le braccia per prenderlo o accarezzarlo, poi si rimetteva tranquillo a mordicchiare un gadget gommoso a forma di premio Oscar con su stampato un anno che avresti detto non sarebbe mai arrivato ma che a pensarci è già passato ed esploso proprio dentro una bolla.

3 pensieri su “al doppio di quello che prendevo prima, pensa un po’

  1. Ma sai che un po’ mi dispiace di non esserci stata?! Guarda, pagherei oro per partecipare a feste di quel genere…. ma anche no. Anni fa ne ho lavorati 4 in uno studio di Grafica Pubblicitaria. La famosa festa di Natale che si organizzava per i clienti era più una cosa tra amici, ma si sà, per parafrasare il buon Marchese del Grillo “Milano è Milano e noi no siamo un c….”

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