Quelli che, per motivi anagrafici, hanno provato l’esperienza di cominciare l’anno scolastico solo il primo di ottobre, gli stessi che hanno fatto l’esame di seconda elementare nel 1975 come, tra gli altri, Max Collini e il sottoscritto, si ricorderanno di settembre come di un mese estivo e di vacanza a tutti gli effetti. Magari uno di quelli meno prevedibili degli altri dal punto di vista meteorologico, almeno qui al nord e prima del cambiamento climatico protagonista degli ultimi vent’anni o giù di lì, ma che comunque rientrava nel periodo del dolce far niente, in montagna, al mare o giù in città.
E a vederla da qui, dove ogni due per tre si attenta ai ponti con sabotaggi istituzionalizzati per ridurre l’otium e incentivare il negotium, sembra un’epoca davvero di un secolo lontano, quando si poteva emulare l’epopea dei “cento giorni di Jula” perché tra baby pensionamenti o ammortizzatori sociali ad oggi impensabili, i bimbi più fortunati potevano sempre contare su qualcuno che in famiglia poteva far trascorrere loro quel lunghissimo oblio dai propri doveri da studente. Ma poi la cuccagna è finita, e da allora l’anticipo scolastico a metà settembre ha spinto i nostalgici come me a scorgere avvisaglie autunnali ovunque e a vedere la colonnina di mercurio mezza vuota, un pessimismo volto a minimizzare i privilegi sottratti nel nome di uno sviluppo economico che poi, detto fra noi, non è che si sia mai raggiunto. Per non parlare poi dell’ingresso della mia generazione nel mondo del lavoro, laddove è stato possibile, che ci ha ridotto a una manciata di giorni il meritato riposo.
A me incuriosisce come invece succede per gli altri Paesi, perché chiacchierando con i gestori del campeggio in cui ho appena terminato le mie ferie sono venuto a sapere che ora che noi italiani riportiamo i nostri pargoli nella porzione del sistema produttivo che loro compete, arrivano gli svizzeri. Già in questi ultimi scampoli di agosto l’invasione dalla Germania è stata massiccia e di italiani eravamo rimasti ben pochi. Ma settembre, non chiedetemi il motivo perché nemmeno io l’ho chiesto ai gestori del campeggio e quindi non lo so, è il mese degli svizzeri. Non ci sarebbe nulla di strano, se non che a settembre il tempo comunque peggiora, l’acqua è più fredda, le giornate sono molto più corte e la bella stagione è quasi del tutto archiviata. Così ho provato a darmi una spiegazione che vada oltre il calendario scolastico vigente in Svizzera.
Probabilmente ci sono popoli che hanno un’idea molto diversa del mare in estate dalla nostra, che comprende il tendere il più possibile a una carnagione africana in barba agli eritema e a malattie della pelle ben peggiori. Ai racchettoni e ai tuffi a bomba che spruzzano i vicini. A sfoggiare polo con il colletto all’insù e cavigliere e infradito nei borghi turistici la sera, cercando il posto dove vanno a mangiare i calciatori. Ci sono persone per le quali il mare è una parte della natura, natura che è bella con il sole e con la pioggia, con la luce e con il buio, con il solleone e con quindici gradi la mattina e l’acqua ghiacciata ma che importa, il mare della Sardegna ha colori sempre invitanti e ci si tuffa dentro anche la mattina presto.
Ed è per questo se, come in questo momento in cui sto scrivendo e piove a singhiozzo, ci sono ragazzini non italiani che giocano a volley sulla sabbia umida, adulti che passeggiano sul bagnasciuga, altri che fanno lo stesso foto o stanno al coperto perché non hanno voglia di bagnarsi ma sembrano consapevoli che anche questa sia una parte di ciò che hanno acquistato. E che probabilmente venendo qui in agosto ci sarebbero solo emozioni di un unico tipo, poco varie e forse di qualità più standard. Ieri sono comparsi i primi due camper targati croce bianca in campo rosso a godersi la loro stagione fuori stagione. Noi si torna a casa.
A proposito di Svizzera, sabato c’era una coda in uscita dall’Italia di gran lunga inferiore a quella in entrata. Arrivano molti tedeschi e olandesi la cui vacanza comincia ora. Noi invece già a scuola.
In Svizzera e Germania poi a ottobre fanno una settimana di “vacanze delle patate” kartoffelferien… Per non parlare della Francia, che ogni due mesi stanno a casa una settimana. Poi dicono che non siamo produttivi…
quella sì che è una bella formula e così evita che gli insegnanti pelandroni trascorrano quattro mesi di ferie stipendiati da noi cittadini che paghiamo le tasse e ci tocca pure subire le scie chimiche