In tre bambine hanno in tutto una quindicina di Barbie corredate di vestiti e accessori, e a loro modo incrementano la densità abitativa di questo fazzoletto di spiaggia libera ligure che, proprio stamattina, in una classifica redatta da un quotidiano locale, svettava nelle posizioni più alte in fatto di qualità. Una media tra pulizia dell’acqua, attrezzatura e non saprei cos’altro perché proprio qui dietro c’è un parcheggio abusivo. Ora, se fossimo una nazione civile, questo dettaglio sarebbe sufficiente a squalificare l’intero comune e non solo quella spiaggia libera. Si tratta proprio di un parcheggio abusivo, nel 2012 e in una cittadina turistica del nord Italia. Un tizio che ha una sottospecie di cascina con un ampio sterrato racchiuso in un recinto davanti, c’è pure una sottospecie di cassiera dalle fattezze abusive quanto la sua mansione che fa finta di niente, ma non si spiegano altrimenti le decine e decine di auto allineate dentro e il via vai malgrado l’assenza di una qualunque indicazione.
E proprio da lì esce un omaccione in costume sul cui torace depilato sono impressi i segni inequivocabili del malaffare: un tatuaggio di Gesù Cristo, che non è che in sé Gesù sia un emblema del’Italia in nero, però chi se lo tatua è come se ne incarnasse in automatico – almeno da un punto di vista lombrosiano – le sembianze. A fianco si riconosce un tatuaggio di Cochise, proprio il capo indiano. Quindi un tribale che sembra scarabocchiato lì per caso quasi a incorniciare il nome di una donna in inchiostro blu, Assunta, chissà, forse la moglie, o l’amante, o la madre. Spero non la figlia. L’uomo ha appena sganciato una banconota da dieci alla signora oversize alla cassa, si accende una sigaretta e ritorna sul fazzoletto di spiaggia ad incrementare la concentrazione di bagnanti, come le tre bambine e le loro Barbie.
Il gioco però ora sembra essere decontestualizzato rispetto al giocattolo. Le bimbe si divertono a lanciarsi una delle bambole completamente nuda tirandola come fosse una freccetta, e il vigore dei lanci si fa via via sempre più forte fino a quando la più rude del gruppetto effettua il suo tiro come a voler marcare la supremazia sulle altre. La Barbie nel frattempo ha assunto una postura da tuffatrice, con le braccia e le mani giunte in avanti, il che ne aumenta l’aerodinamicità tanto che, sulla spinta di tanta veemenza, la Barbie va a conficcarsi nel polpaccio di una signora che, in piedi sul bagnasciuga e all’ombra del suo cappellino verde, cade in acqua dolorante. Il padre della lanciatrice accorre a estrarre le mani di plastica di marca dalla carne viva e si prodiga in scuse a profusione, un gesto non sufficiente a placare l’ira vendicativa del marito della donna ferita che estrae il suo fucile da pesca subacquea e con una flemma da killer di professione sazia con il sangue la sua sete di giustizia sommaria.
Nulla però sembra distrarre la ragazza dai punti neri del naso del suo partner, sdraiati a terra poco distanti dall’accaduto e immolati più che al dio sole alla dea estetista. Aiutandosi con un fazzoletto di carta rimuove attentamente tutte le impurità della pelle ripetendogli, come un mantra, che quel tipo di operazioni con i pori dilatati dal sole sono più efficaci. Un’altra coppia, ben più rodata, una volta assicuratasi la relativa gravità dell’accaduto, riprende l’eterna sfida a carte, una partita dopo l’altra nella totale assenza di dialogo se non a stabilire il vincitore di ogni mano.
Molto più chiassosi invece sono un gruppetto di ragazzotti tedeschi, che già fanno tenerezza per essere in vacanza in Italia e in vacanza proprio lì, insomma avrebbero potuto essere più fortunati o per lo meno informarsi prima. Stanno cercando di farsi capire dal gestore del chioschetto – quello che probabilmente ha permesso a quella spiaggia libera di ottenere un punteggio così alto sul quotidiano locale – su quello che vorrebbero bere. “Bàrbara”, dicono in un italiano stentato, “noi voliamo bàrbara”. Finché si avvicina una signora che di certo è la più anziana di tutta quella densità abitativa e ha un colore che tende al marrone scuro. “Guarda che i signori vogliono bere del barbèra”. I tedeschi esultano perché era lì che volevano arrivare, ma l’accento e l’assonanza con il nome femminile aveva mandato in crisi il barista.
Troppa caciara, pensa così l’unico che è nei pressi di tutta quella gente spensierata a ridosso del ferragosto con un libro in mano. Dopo aver registrato a mente il vivace quadro vacanziero, in cui solo uno tra tutte le situazioni accadute risulterà poi essere frutto della sua fantasia, si sposta più in là e continua della lettura di “Fidanzata in coma”, un classico della letteratura da ombrellone.
alle prime righe m’è venuto in mente il motivetto di elio e le storie tese e mi ha accompagnato mentalmente per tutta la lettura.
ti dico solo che questo tuo tentativo di non farmi rimpiangere il mare mentre mi sto vestendo per andare a lavoro (a lavoro!!) sotto una mega coltre di nuvole stava quasi per funzionare. ma poi invece no. mi prenderei pure il parcheggio abusivo pur di essere lì. enjoy!
Ora capisco il perche’ del tuo commento sul mio blog. Sarei curiosa di conoscere il nome della tua spiaggia…Io vado in una spiaggetta piccina piccio’ frequentata solo da genovesi…meglio tenere il segreto…
Il gestore del bagno (sempre ligure) in cui ero io, aveva tatuato sul bicipite: “Gli infami vanno puniti sempre” … mi faceva un po’ paura.
dai facciamo cambio, io vado in UK e ti lascio il mar Ligure 🙂
mi trovavo ad Albisola, ma già a Genova è diverso, nel senso che è un po’ meglio
inquietante… forse era un ex inquilino di Marassi (il carcere, non lo stadio)
S U B I T O ! ! !
Si, l’ho pensato anche io