rivediamoli insieme

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Oltre ai più blasonati “Albert e l’uomo nero” e “Ritratto di donna velata”, il cui intento horror con me ai tempi aveva colto nel segno anche se, rivisti adesso, fanno solo tenerezza, ho reminiscenze vaghe di una commediola a puntate di cui non ricordo né il titolo né gli attori. La trama consisteva nella storia di una giovane coppia che, in procinto di compiere il grande passo, sceglieva di saltare a piè pari i primi anni (non ricordo quanti) della vita insieme temendo di dover avere a che fare con i problemi e le complessità dovute alla stabilizzazione propedeutica alla vita adulta, d’altronde eravamo ancora in piena tv moraleggiante e democristiana. Così grazie all’incantesimo di una specie di genio della lampada si ritrovavano tempo dopo già sposati, forse anche con figli ma non ricordo, e pienamente inseriti nelle rispettive carriere.

Ma questo balzo in avanti non era stato scevro di conseguenze spiacevoli, perché chiaramente la memoria dei due protagonisti, seppur un po’ confusa al primo risveglio, si era fermata ai loro sé stessi pre-magia. Per farvi un esempio, lui che nel frattempo era diventato una affermata star della canzonetta, non si ricordava più i pezzi con cui aveva avuto successo e anche la tecnica vocale lasciava a desiderare, con il massimo sbigottimento del suo staff che avrebbe dovuto re-insegnarli tutto da capo. Estranei nei loro stessi del futuro. E già allora questo ritrovarsi all’improvviso in corpi propri o altrui (in questo caso spiritualmente, intendo, non pensate male) mantenendo la propria consapevolezza, costituiva uno dei miei maggiori crucci. Scoprirsi di botto nei panni di un calciatore di fronte a migliaia di spettatori alle prese con il rigore decisivo in una finale mondiale e non avere nemmeno i fondamentali del calcio. Oppure in quelli di un concertista classico nel bel mezzo di un pezzo per pianoforte di Rachmaninov. Casi in cui la brutta figura immediatamente conseguente risulta il meno grave dei problemi.

Questo per dire che malgrado lo spirito frivolo di quel programma da domenica sera o poco più, il suo carattere metafisico mi aveva fortemente turbato perché poi l’uomo e la donna si erano dichiaratamente pentiti di aver scelto la via più facile per evitare le difficoltà e, per fortuna e per esigenze di sceneggiatura, era stata offerta loro la possibilità di annullare l’incantesimo e di dimenticarsi dell’esperienza vissuta, in modo da poter vivere senza influenzare il loro destino, tutto questo almeno dieci anni prima di Marty McFly. Alla fine comunque vissero tutti felici e contenti, d’altronde quello era l’unico sistema per far distrarre gli abbonati dalla gente che si sparava nelle piazze e dai bollettini di guerra nei tiggì.

Ma il punto a cui volevo arrivare era un altro, quello a cui sono giunto ieri sera copiando ventuno giga di fotografie digitali da un hard disk di back-up al mio nuovo pc superveloce. In quei ventuno giga di foto digitali, che sono davvero tanti perché considerate che non sono un fotografo professionista che salva dati in formato raw ma ho una banalissima Panasonic consumer compatta che comunque svolge il suo sporco lavoro egregiamente. Tenete presente che la qualità della foto non la fa la macchina ma l’occhio del fotografo. Ma tornando alla mia operazione di seleziona tutto -> ctrl+C -> ctrl+V, in quei ventuno giga c’è tutta la mia vita e quella della mia famiglia degli ultimi otto anni, da quando ho fatto il primo scatto a mia figlia a pochi minuti dalla sua nascita fino a una foto a un’autobiografia di Neville Staple che ho postato su Facebook la settimana scorsa, perché poi anche le stupidaggini mi scordo di cancellarle e in parte si spiega il motivo per cui una persona più o meno normodotata debba avere ventuno giga di fotografie digitali. Perché poi succede che se non le stampi alla fine le foto non le guardi mai, le cornici digitali le considero uno dei gadget più antiestetici della storia dell’Information Technology, quindi sono occasioni come queste, il trasferimento del materiale sul disco fisso proprio con l’obiettivo di elaborare qualche foto da stampare, che possono essere sfruttate per dare un’occhiata a ciò che quei ventuno giga contengono. E niente, non sto dicendo che ci sia stato un incantesimo che mi ha fatto risvegliare ieri sera, ma porca vacca se è passato tutto così in fretta.

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