C’è quasi buio e fa caldo ma solo da una parte e io lo so il perché, stiamo salendo e alla nostra destra c’è il muro che ha assorbito i raggi del sole fino a meno di un’ora fa e ora lo caccia fuori tutto. Così abbiamo il vento che tutto sommato è fresco sul viso e questa irradiazione di calore sulla spalla e sulla gamba e sulla guancia destra, così mi hai detto prova ad appoggiare la schiena, prova ad abbandonarti sul muro e a sentire quello che sentiremo anche domani. Ci sono gruppi di turisti che scendono dalla cima così ti prendo per mano e ti spingo di fianco a me, a guardare la gente che torna giù e guarda noi che non sappiamo nemmeno se continueremo su o se ne avremo abbastanza, ma intanto ci sono queste mura roventi che ogni giorno da mille anni a questa parte traggono in inganno pellegrini antichi e moderni, catturano l’estate e la rilasciano di notte a chi si appoggia, come un’illusione. Da sotto si sente uno di quei pezzi che ogni bella stagione vanno per la maggiore e che si ballano qualunque sia l’arrangiamento, ti potrei cantare anche una decina di versioni differenti e soprattutto la più brutta che era pure una pubblicità di qualche cosa, sicuramente telefoni con comici discutibili come testimonial. Ma questa non è male, un po’ jazz e un po’ afro, la cantante può prenderla alta e farsi bella con la sua estensione vocale. Le luci in quel punto sono basse e ora non si vede quasi più nulla, i passanti sono molto abbronzati e non percepiamo nemmeno i lineamenti, per fortuna vestono quasi tutti di bianco, alcuni hanno anche il cappello a tesa larga. Possiamo spostarci ora, andiamo dove c’è un po’ di chiaro, se proseguiamo fino in cima corriamo il rischio di non sentire più nulla, solo la salita nelle gambe e le mani strette per la paura di perdersi.