being hrundi v. bakshi

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Mia moglie mi spiega per filo e per segno come devo fare quella cosa che devo fare, sa che come tutti gli uomini sono refrattario ad alcune incombenze amministrative, poi lei è prodiga di dettagli tanto che mi armo di finta ironia per tentare di nascondere la coda di paglia chiendendole se per recarmi in tal posto devo muovere una gamba dopo l’altra per camminare e al contempo aprire e chiudere i polmoni per respirare, ma so che fa bene a prenderla alla lontana. Conoscendo il soggetto, cioè il sottoscritto, meglio abbondare di dettagli e raccomandazioni. Che poi sono due cose molto semplici: pagare la quota settimanale di iscrizione all’oratorio estivo e acquistare in loco cinque buoni pasto, per nostra figlia naturalmente. Non per rovinare la suspense, ma meglio chiarire subito che entrambe le operazione sono state concluse con successo. Il problema è che di fronte alle operatrici parrocchiali, vestite in borghese ma egualmente timorate di Dio di quelle in divisa, non ho fatto una bella figura perché c’era molta confusione, come potete immaginare. Decine di bambini appena “mangiati” quindi al pieno di energia mattutina che davano il meglio in parole e opere, e io quando c’è casino faccio fatica a concentrarmi su quello che devo fare. Fatto sta che prendo la penna per compilare il buono pasto e la penna mi cade per terra, poi prendo il buono compilato e nell’affidarlo a mia figlia mi cade anch’esso, poi non riesco a raccoglierlo sul pavimento perché ho le unghie cortissime e nel mentre un pallone da basket mi urta il polpaccio e mi fa perdere l’equilibrio, poi cerco di pagare ma il vano del portafoglio che contiene le monete è aperto e si rovesciano tutte sul tavolo insieme alle tessere che come ogni buon consumatore porto sempre con me anche se creano un inutile peso aggiuntivo. Raccolgo tutto e concludo quella sequenza di gag che nemmeno Peter Sellers in Hollywood Party, quindi bacio la bambina e mi avvio a piedi, e solo dopo una cinquantina di metri mi ricordo di aver lasciato la bicicletta nella rastrelliera dell’oratorio. Torno indietro e mi dico che è il caldo, già, non può che essere quella la ragione.

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