Bisogna ammettere che quando i bambini poi crescono, un destino a cui nemmeno i figli propri sono risparmiati, si riducono molti dei vantaggi acquisiti durante i primi anni nella scalata verso la conquista della loro fiducia. E se è un dato di fatto che con l’aumento delle complessità è necessario evolversi nel mestiere di genitori, il che significa adattarsi in modo intelligentemente flessibile, alcuni ruoli dati per scontato tra i punti di riferimento dell’infanzia vanno automaticamente a decadere. La cosa difficile per un padre è capire che non è una questione di successione, semplicemente si tratta di cariche di cui i bambini non hanno più bisogno. Sono certo che sia giusto così, ma a fianco di un’opera di riposizionamento genitoriale occorre saper ricostruire dentro di sé gli equilibri emotivi sbilanciati dai vuoti che man mano vanno creandosi e riesumare attitudini al confronto interpersonale che, durante la prima infanzia, necessariamente si lasciano da parte. Mentre tutto prima veniva mediato da pratiche come il gioco, ora – parlo della mia esperienza – ecco che gli albori della personalità pre-puberale impongono l’uso di nuovi linguaggi, e non è così semplice. Fino ad ora ho trovato dentro di me tutto il necessaire per affrontare passo dopo passo la crescita, ma ora mi rendo conto che occorre un altro arsenale argomentativo per non perdere autorevolezza e tenere la situazione sotto controllo. Lei è cresciuta, il confronto con il gruppo dei pari si è consolidato e costituisce già un sistema ben definito, ho perso un po’ di energie (per non dire che sono invecchiato) e, per arrivare al punto, non c’è tempo da perdere. Ma, a dirla tutta, non mi spaventa il continuo divenire del nostro rapporto, mio e di mia figlia intendo. Sono molto meno abituato invece a fare ordine in me stesso, quell’equilibrio interno di cui ho parlato sopra. Si spostano intere porzioni di vissuto che si devono archiviare e prima di colmare quegli spazi con quello che succederà d’ora in poi, non ci si deve lasciar prendere dallo sconforto. Guardarsi dentro è come soffermarsi in una casa appena sgomberata, il riverbero dei propri passi dalle pareti nude e le macchie sul muro dove prima c’erano quadri appesi che abbiamo messo via in soffitta. Non c’è nulla da fare se non scegliere insieme i mobili nuovi.
Post bellissimo, Plus. Hai analizzato perfettamente, credo, la classica espressione “Poi i figli se ne vanno” usandola come metafora.
Non c’è nulla da fare se non scegliere insieme i mobili nuovi.
È tutto in questa chiusa, vera perfezione.
se se ne vanno, speriamo che scelgano di andare all’estero 🙂
Da scegliere insieme e da montare insieme, ovviamente