Quella pressa, quella che il dirigente dell’industria che sto intervistando mi indica con il dito, esercita una forza di 4.800 tonnellate e per farmi capire di che ordine di grandezza stiamo parlando, come se ce ne fosse bisogno, utilizza come termine di paragone le 40 tonnellate di un tir. Ed è lì che mi sento male, perché la prima cosa che mi viene in mente non è Tempi Moderni, la scena in cui Charlot distratto appoggia la schiscetta del collega sul piano della pressa e la riprende ultra-sottile. A quella ci penso dopo il ricordo di una gag di un vecchio programma del sabato sera con Raimondo Vianello che si sdraia addirittura là sotto per una pennichella e ne esce come un cartonato a figura intera, come quello di Alessia Marcuzzi che un mio amico aveva sottratto di notte all’edicola davanti alla quale era stato posto per pubblicizzare una nota rivista maschile, su cui era stato pubblicato un servizio su di lei poco vestita. E c’era un’altra scenetta in cui qualcuno veniva inavvertitamente ridotto a una sola dimensione da uno di quei macchinari che servono per compattare l’asfalto sulle strade, come nei cartoni animati della Warner Bros. Comunque si tratta di uno degli input peggiori che la mia fantasia abbia immagazzinato e che mi mette più a disagio di qualunque altra cosa, una sorta di tabù che mi manda in tilt, così sono rimasto qualche secondo imbambolato di fronte a uno schiacciatutto gigantesco che faceva bella mostra del dato che il dirigente mi ha sottolineato, quelle 4.800 tonnellate che ridurrebbero a carta velina qualunque cosa e che era stampato a grandi lettere proprio sopra l’imboccatura. Venga che le mostro il resto, mi ha detto, tutto bene? C’è qualcosa che non va?